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ROMA / 15-07-2010
IL PD DI BERSANI RIATTUALIZZA L'ACOMUNISTA RICCARDO LOMBARDI / socialismo di sinistra come progetto dell'uomo possibile via d’uscita
L'economista Anna Pettini traccia lineamenti e profilo di un nuovo pensiero per coniugare uguaglianza e libertà, laddove il comunismo ha fallito
Ultime notizie Roma - Inaspettatamente il libro, Lombardi e il fenicottero, (‘L’Asino d’oro edizioni’), a distanza di sei mesi dalla sua uscita, ha avuto il privilegio di uno spazio politico autorevole e prestigioso per la sua ennesima presentazione davanti ad un pubblico numeroso ed attento: il Festival de ‘l’Unita’’ organizzato, ieri dall’ex-Pci, oggi dal Partito Democratico di Roma. Preceduta da una recensione di ‘Europa’, organo del Pd e seguita da un’altra de ‘Il Rifomista’ quotidiano di area Pd, la presentazione a Caracalla assume, e non puo’ esser diversamente, una scelta o comunque una opzione storica precisa: la rivalutazione di quel filone ‘azionista’ poi ‘socialista’ dai tratti libertari e liberali che a suo tempo ispiro’ non solo Lombardi, ma tra i tanti i fratelli Nello e Carlo Rosselli, Vittorio Foa, Piero Calamandrei, Bruno Trentin, Emilio Lussu, Ferruccio Parri. E una siffatta operazione storico-culturale vede in campo l’attuale vertice (Bersani ma anche D’Alema) che il precedente (V.Veltroni) come anche la cosiddetta ‘sinistra radicale’, quella delle ‘fabbriche’ di Niki Vendola, il figlioccio prediletto di Fausto Bertinotti.
Una sfida, dunque. Ma cos’e’ che attrae della storia umana e politica di Lombardi? Indubbiamente la storia di ‘un uomo di cultura’ prestato alla politica le cui analisi ed intuizioni si sono rivelate esatte a distanza di anni mentre non furono volutamente comprese nei tempi dovuti: si diceva che soffriva di presbiopia politica. Indubbiamente la storia di ‘un uomo di cultura’ che per onesta’ e coerenza, per rigore e trasparenza, non ebbe mai nulla da temere. Ma anche forse la storia di ‘un uomo di cultura’ che si e’ accompagnato nella sua vita con ‘una donna di cultura’, Ena Viatto, che per sua scelta se ne stette alla larga dalla politica pur seguendone vicende e sviluppi: insomma due identita’ spieccate e forti che formarono una coppia originale, anomala, stravagante, fuori degli schemi abituali.
Colti e laici, ognuno a suo modo, ha segnato in maniera indelebile la storia del nostro Paese, senza lasciare eredi. Soprattutto Lombardi: chi ci ha provato (Fausto Bertinotti) o chi ci prova (Niki Vendola) in modo del tutto strumentale, rischia brutte figure! Nessuno puo’ dirsi ‘lombardiano’ e per due ragioni: la prima, Lombardi stesso rifiutava che qualcuno potesse definirisi tale; la seconda, che quand’anche si volesse usare una delle immagini piu’ cristalline della storia della Repubblica Italiana, cio’ impone uno stile di vita, un livello di conoscenza, una lungimiranza particolari e soprattutto delle opzioni strategiche nette.
Lombardi non amo’ mai ‘il catto-comunismo’ (che ispira Vendola), le verita’ rivelate e i dogmi su cui si basano le due Chiese, quella cattolica e quella comunista, non ebbe mai crisi mistiche, non si dilettava a leggere San Paolo o la Bibbia, ne’ tanto meno pretese mai per se posti di potere (come la Fondazione della Camera, ad esempio) che fossero anche rendite vitalizie. Forse e’ il suo modo di intendere la politica, non da ‘capo-popolo’ che incanta e ammaglia le masse, ma ‘un fare per gli altri, la povera gente’, piu’ che ‘un fare per se stessi, per la carriera e il potere’ che lo rende ancora oggi attualissimo.
E certamente lo rende attualissimo il suo modo d’intendere il socialismo, da non confondere con il Psi, e l’economia: lascio la parola ad una donna, una brillante econonista, Anna Pettini, docente di Economia Politica all’Universita’ di Firenze Facolta’ di Scienze Politiche, il cui intervento al Festival de ‘l’Unita’’ puo’ offrire ampi spunti ad una sinistra, non solo italiana, che ha smarrito l’egemonia culturale e quindi politica spazzata via nel 1989 dal crollo del Muro di Berlino.
Anna Pettini. Il libro di Carlo Patrignani su Riccardo Lombardi è andato in ristampa dopo aver venduto 2000 copie in un mese; è diventato protagonista di un vero e proprio tour: una quantità notevole di incontri e dibattiti in una quantità di città e sedi molto diverse tra loro; affollate, ovunque, da un notevole numero di persone attente e interessate.
Ho io stessa partecipato alla presentazione di questo libro quattro mesi fa, all’università di Firenze, e là ho potuto osservare, con una certa sorpresa, non solo la quantità, ma la varietà di persone che componevano il pubblico. E poi, dopo l’incontro, molti studenti sono venuti a chiedermi di parlarne ancora, a fare domande .. raramente questo succede!
Ho continuato a pensare cosa propone questo libro che, evidentemente, è qualcosa di molto diverso da una celebrazione.
E’ certo un libro che non può lasciare il lettore distante, perché non è pensato né scritto in modo impersonale, ma anzi nasce dichiaratamente da una ricerca del suo autore, dalla ricostruzione di un vissuto assolutamente personale e di rapporto con Riccardo Lombardi. Il rapporto di un giovane militante del partito socialista affascinato dalla forza di un uomo politico, onesto, con idee solide, originali, intelligenti perché sempre in rapporto con la realtà politica e sociale del momento; un’immagine potente. La ricerca poi, nel libro, di un uomo che racconta di aver pensato di averla dimenticata, quella storia, ma nel ritrovarla, in tempi recenti, Patrignani ritrova una storia che, apparentemente chiusa, e apparentemente sconfitta, dalla storia, è in realtà più aperta che mai.
Sono molti i punti della storia politica del nostro paese in cui Riccardo Lombardi fu coinvolto da vicino, e che ancora ci offrono spunti di riflessione, perché toccano episodi cruciali e di snodo: penso, solo per fare un esempio, alla sua opposizione alla conversione in legge dei Patti Lateranensi, o all’amnistia del 1946 che salvò dalla prigione e dai processi la quasi totalità dei rappresentanti del partito fascista che, malgrado i crimini commessi, si trovarono poi ad occupare molti posti in Parlamento.
Ma non sono una storica né una politologa, faccio l’economista, per cui penso di poter solo parlare di quanto da questo libro emerge in materia di pensiero economico. E anche qui sono molti gli spunti. A me interessa soffermarmi sul pensiero che portava Lombardi a definirsi a-comunista, quando il comunismo aveva un corrispettivo chiaro in termini di politica economica; e sento importante la definizione che Lombardi dava del socialismo: un progetto dell’uomo.
Così faccio una provocazione e dopo aver detto che mi spetta solo parlare di quanto, in Lombardi, ha a che fare con il pensiero economico, propongo che la chiave sta nel titolo, che Patrignani ha dato al libro, ovvero nell’affiancare a Lombardi l’immagine di una donna.
Vediamo se riesco a portare l’argomentazione al perché di questa affermazione.
Lombardi aveva un’idea di società che non so se definirei precisa, forse in parte la sua idea era un’ideale, ma questo lo portava a declinare le scelte politiche e di politica economica in modo molto preciso. Si opponeva a ciò che allontanava lo Stato da una totale laicità e indipendenza dal Vaticano, non chiedeva la proprietà statale dell’industria in astratto ma sapeva quando era necessaria, come nel caso della sua posizione sul primo governo di centro-sinistra del 1962, dove sostenne con forza la nazionalizzazione della fornitura dell’energia elettrica, oltre che il riconoscimento giuridico dei diritti sindacali, l’abolizione del segreto bancario e così via.
Sapeva che il lavoro per tutti era condizione necessaria perché le persone potessero condurre almeno “una vita civile”, come diceva lui, e che nel trattare in materia di lavoro si dovesse prestare la massima attenzione a non confondere la produttività del lavoro con la merce prodotta.. in estrema sintesi, Lombardi aveva un’idea chiara sul concetto di alienazione..sapeva che non si deve mai trattare il rapporto con le cose nello stesso modo in cui si tratta il rapporto tra persone, tra esseri umani. Riccardo Lombardi parlava di una società diversamente ricca.
Non credo ci sia tema più attuale di questo. Per Lombardi si trattava di trovare, far emergere qualcosa che mettesse la crescente ricchezza prodotta al servizio di una possibilità nuova per le persone. Più ricchezza poteva significare libertà dalla necessità di impiegare la vita ad assicurarsi la sopravvivenza. Possibilità di sviluppare una società fondata sulla partecipazione al processo produttivo nella quale emergessero nuovi gusti, nuove preferenze.. Una società fondata sulla centralità dell’uomo.
Invece il sistema capitalistico ha preso campo fino ad imporsi nei tempi e nelle relazioni sociali e ha trascinato le società in una corsa sempre più frenetica al consumo e al rapporto con le cose.
E questo è avvenuto con la complicità, anzi proprio con la spalla teorica fornita dalla teoria economica che è divenuta anche pensiero dominante: i mercati hanno la capacità di autoregolarsi e assicurare maggiore ricchezza e benessere per tutti. Basta lasciarli funzionare. Gli stati sono inefficienti, la burocrazia non è soggetta ai vincoli e ai giusti incentivi, si deve liberalizzare e il mercato risolverà tutti i problemi..
Salvo poi accorgersi di un effetto collaterale non da poco. Le società più ricche stanno sperimentando una continua e costante diminuzione di felicità, a fronte di un reddito via via maggiore. Sono i cosiddetti paradossi della felicità.
E non solo la letteratura economica si sta via via popolando di studi su questo, ma si legge la parola felicità in continuazione sui giornali, vengono scritti libri, viene dato il tema all’esame di maturità..
Tutti si interessano di felicità. Ma, altra provocazione che voglio lanciare stasera, non è la strada giusta.
A Lombardi non mancava certo la categoria, conosceva senza dubbio e bene l’idea di felicità, che da sempre è studiata e discussa in filosofia, letteratura, psicologia.. Ma non aveva detto una società felice, aveva detto: diversamente ricca!
Ecco, a mio avviso, uno degli spunti di attualità strettissima suggeriti da ciò che Lombardi aveva intuito, e che questo libro spinge a considerare. Non si tratta di parlare di felicità, ma di realizzazione, umana.
E questo comincia ad emergere anche in letteratura, dove si dice che ciò che fa la diminuzione di felicità è la nuova povertà in termini di beni relazionali. C’è un bel libro, uscito da pochi mesi: si chiama Manifesto per la felicità, ed è scritto da un collega economista dell’Università di Siena, Bartolini. Uno studio che si presta ad essere un’ottima guida alla prassi e all’azione politica, in termini di priorità da restituire all’intervento pubblico e alla programmazione.
Sono però convinta che qualsiasi guida all’azione debba essere sostenuta da una teoria solida e condivisa, perché se non cambia il pensiero, se questo non è forte e saldo, non c’è alcuna prassi che possa affermarsi e funzionare. E l’idea di società diversamente ricca, l’idea di Lombardi sulla possibilità di avere una società partecipata, è oggi approfondibile e si può sviluppare se la si arricchisce con la ricerca sulla realtà umana a cui oggi abbiamo accesso. Se si dà nuovo senso e significato alla dizione: diversamente ricca..
C’è una ricerca enorme, disponibile adesso su questo tema. E’ la ricerca che ha avuto inizio con la formulazione della teoria della nascita di Massimo Fagioli. E’ l’unica teoria esistente che, partendo dalla conoscenza della realtà mentale che ha inizio alla nascita, dà la possibilità di rilanciare in materia di antropologia e conoscenza di realtà umana. Nel conoscerla si arriva a comprendere che parlare di felicità porta fuori strada, perché non è il principio del piacere che fa la realizzazione umana. L’idea di felicità è legata al principio del piacere. Come tale, è legata al rapporto con le cose. Il principio del piacere, applicato al rapporto interumano, rende l’altro cosa, materia da sfruttare. Portato alle sue estreme conseguenze, fa lo schiavismo, lo sfruttamento, il dominio sull’altro.
Per la realizzazione umana sono centrali i rapporti interumani e ciò si può sostenere a fondo se si arriva a comprendere l’indissolubilità, ma anche la differenza, nella realtà umana, di una mente cosciente e una mente non cosciente: la prima ha rapporto con le cose, ed è necessaria alla sopravvivenza e alla gestione della realtà materiale. La seconda, è invece quella che può vivere solo nel rapporto con altri esseri umani. E’ da sempre sconosciuta e relegata al non conoscibile da una cultura che ancora a fatica si affranca dal marchio che Freud mise sulla mente non cosciente, definendola inconoscibile!
La realtà non cosciente che fa il rapporto tra esseri umani, su cui oggi si ha a disposizione una teoria scientifica, è invece l’unica via dell’uomo verso la possibilità della propria realizzazione. Ma è necessario scoprire che il rapporto interumano è tale solo se totalmente slegato dall’idea di utile che fa il rapporto tra uomini e cose; se è esclusivamente e solo interesse e sensibilità all’altro.
Fino a quando non si comprende a fondo la differenza fra il rapporto uomo-natura non umana e rapporto tra esseri umani non c’è nessuna guida certa neppure all’azione politica, e di politica economica.
Così è necessario che la sinistra riesca a proporre una cultura diversa; che riconosca che il difetto di fondo della cultura di stampo economico, che rende qualsiasi rapporto sociale rapporto oggettualizzato nella ricerca dell’utile, è prima di tutto un difetto nell’idea di essere umano; che inoltre conosca e approfondisca l’interesse e la ricerca sulla differenza fra bisogni ed esigenze: i primi legati alla sopravvivenza fisica e forse ad un livello di vita civile, come diceva Lombardi; le esigenze invece alla realizzazione di rapporti interumani validi; e lo saranno solo se, come già detto, sono conosciuti e vissuti come assolutamente indipendenti dal principio del piacere e dell’utile.
Ecco perché il titolo del libro ha in sé la chiave per continuare la ricerca del senso della formulazione “società diversamente ricca”: perché la matrice di questo tipo di rapporti è nel rapporto uomo-donna.
E questo perché, fra tutti, è il rapporto che più ci obbliga a lasciare il principio di non-contraddizione della logica aristotelica, che tanto profondamente ha plasmato la nostra logica razionale.
E’ un rapporto tra esseri umani “uguali e diversi”.
Uguali, perchè alla nascita in ciascuno di noi, nello stesso modo, ha origine il pensiero; ma poi assolutamente diversi, perché nel rapporto con un corpo diverso, la mente e il pensiero, nell’uomo e nella donna, si sviluppano in modo completamente diverso.
Sviluppando questo approccio diviene evidente che così si contrasta qualsiasi tipo di razzismo e di logica inferiore superiore, perché “l’uguale e diverso” non è solo l’uomo per la donna e viceversa, ma anche il nero per il bianco, l’operaio per il padrone, il bambino per l’adulto, e così via.
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