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ITALIA / 16-09-2010

L'ERGASTOLO IN ITALIA / se ti penti sei libero, altrimenti sei condannato a vita. Movimento contro l' ‘ergastolo ostativo’






L'Ergastolo ostativo è un modo altro per dire ergastolo a vita, ovviamente se non ti penti. Approfondimenti e ultime notizie - Dopo gli articoli riguardanti l’ergastolo senza possibilità di liberazione negli Stati Uniti (v. nn. 177, 180) e sulla posizione di Amnesty International riguardo a tale pena (v. n. 179), ci occupiamo ora dell’ergastolo in Italia e in particolare di una questione molto sentita in questo momento nell’ambiente carcerario: l’ergastolo “ostativo”.

   In alcuni paesi esiste una forma di ergastolo irrevocabile, una pena per cui, nella sentenza stessa con cui viene inflitta, è specificato che non vi è alcuna possibilità di liberazione. Ciò avviene ad esempio negli Stati Uniti d’America dove vengono condannati al carcere a vita senza possibilità di liberazione anche i minorenni, pure ragazzini di 12 o 13 anni (v. n. 180 e articolo precedente), ed anche, secondo Amnesty International, in Burkina Faso, Kenya, Sudafrica, India, Georgia, Corea del Sud, Tanzania, Australia e - in Europa - in Bulgaria, Svezia, Ucraina e Regno Unito.

   Guardiamo – giustamente – a tali paesi con riprovazione, dal momento che una pena in sé perpetua ed irrevocabile, così come la pena di morte, viola un principio chiaramente affermato in ambito universale: non sono ammesse pene crudeli ed inumane, nonché un principio recepito dalle costituzioni più evolute: le pene devono tendere al recupero del reo (v. nn. 177, 179).
   Ci sentiamo autorizzati a criticare gli altri paesi perché è opinione diffusa che in Italia - in attesa che si concluda la lunghissima campagna per l’abolizione dell’ergastolo – nessuno sia costretto a rimanere in carcere per tutta la vita dal momento che, scontata una certa frazione della pena in stato di detenzione, si possono ottenere i benefici introdotti dalla riforma Gozzini che permettono di uscire di prigione, di la­vorare fuori ecc. e che comunque si possa ottenere la libertà condizionale dopo aver scontato 26 anni in carcere.

   Niente di più sbagliato di tale opinione secondo i detenuti che si battono contro il cosiddetto “erga­stolo ostativo”, tra cui Carmelo Musumeci, che scrive dal carcere di Spoleto: “Lo Stato italiano tortura alcuni suoi cittadini […] con la pena dell’ergastolo ostativo, che nega ogni beneficio penitenziario a chi non diventa collaboratore di giustizia, senza tenere conto neanche dei motivi per cui uno sceglie di non collaborare, e che fa diventare il carcere a vita realmente una sanzione perpetua e disumana. L’ergastolo ostativo ti fa sentire un cadavere senza ancora essere morto, perché non hai nessuna possibilità di uscire se non parli, se non confessi e se non metti in cella un altro al posto tuo.”
Se in teoria l’irrevocabilità dell’ergastolo ostativo non è assoluta, in quanto dipende da una scelta del detenuto (quella di non collaborare con la giustizia), molti sostengono che nei fatti si può considerare tale.

Abbiamo chiesto a Nadia Bizzotto della Comunità Giovanni XXIII  - un’esperta di problemi peni­tenziari che accede regolarmente al carcere di Spoleto per visitare i detenuti - di chiarirci il concetto di ergastolo ostativo, fornendoci se possibile il numero degli “ergastolani ostativi” in Italia, di quelle per­sone cioè che non usciranno mai dal carcere, se non morte. Ecco la risposta di Nadia:

   “Il succo del discorso è che è impossibile stabilire matematicamente quanti siano gli ergastolani osta­tivi. Mi spiego: in base alla tabella fornita dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del 30 aprile scorso, gli ergastolani in Italia sono 1489 (di cui 24 donne). Ma l’ostatività, cioè la non applica­bilità dei benefici penitenziari, non è una condizione che viene imposta insieme con la pena dell’ergastolo. E’ regolata dall’art. 4  bis dell’Ordinamento Penitenziario (legge 354 del 1975) e vale per certi tipi di reato, in sostanza per reati di tipo associativo.

   “Le condanne per tali reati (anche quelle inferiori all’ergastolo) per tutta la loro durata di espiazione escludono ogni possibilità di benefici (permessi, semilibertà, liberazione condizionale, ecc.) in assenza di collaborazione con la giustizia. Per cui non ci può essere un dato certo sul numero attuale de­gli  ergastolani ostativi (chi lo è oggi, se collabora con la giustizia domani non lo sarà più). E soprattutto l’ostatività, e quindi il divieto di applicare qualsiasi dei benefici penitenziari che il detenuto richieda con un’istanza in tribunale, la stabilisce il Tribunale di Sorveglianza di competenza, per cui anche chi è condannato per reati di mafia ma non richiede benefici (anche solo perché magari non è nei termini per farlo), non riceve un diniego in cui è specificata l’ostatività, ma di fatto “ostativo” è.

   “Per valutare quanti ergastolani ostativi vi siano oggi in Italia occorre riflettere che prima del 1992 gli ergastolani erano circa 250. Dalle grandi stragi in poi è stato applicato l’ergastolo con molta più fre­quenza e facilità, quindi è pensiero diffuso tra gli addetti ai lavori, che degli attuali 1498 ergastolani, la maggioranza (forse addirittura 1200) siano ergastolani ostativi...
   “Il problema di fondo rimane comunque non solo la legittimità dell’ergastolo con queste modalità, che diventa una pena di morte mascherata perché realmente la persona è destinata a rimanere in carcere fino alla morte, ma anche la legittimità di indurre alla collaborazione tramite la possibilità di uscire dal car­cere. I cosiddetti “pentiti” escono quasi immediatamente, purché mettano altri al loro posto. Questo comporta però (oltre al fatto che qualcuno inventa o ricama i suoi racconti per ottenere maggiori van­taggi...) che chi teme per la propria famiglia, per la propria vita, od ha un rifiuto etico alla ‘delazione’, e non parla, sia considerato eternamente colpevole anche dopo 20-30 anni e anche dopo aver fatto un se­rio percorso di revisione interiore, mentre i “pentiti”, che pentiti non sempre sono, fanno una scelta pro­cessuale e vanno fuori subito (molte volte per tornare a delinquere).”

FOGLIO  DI COLLEGAMENTO  INTERNO
DEL COMITATO PAUL ROUGEAU

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