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ROMA / 21-01-2011

ITALIA PATRIA DELLE LEGGI, OLTRE 66.000 / un ginepraio di leggi che a volte si contraddicono








ITALIA PATRIA DELLE LEGGI, OLTRE 66.000 / un ginepraio di leggi in contraddizione reciproca - Roma - Io non m’intendo di diritto, il che, spingendosi alle conseguenze estreme, rappresenta un’illegalità perché la legge non ammette che la s’ignori.


Per la maggior parte della storia dell’Uomo sulla Terra le leggi erano semplicemente il volere del più forte, un più forte che fu a lungo quello che tra gli animali si chiama per gli etologi “maschio dominante”.

Poi, meno di quattromila anni fa, cioè un attimo se lo paragoniamo ai più o meno 20.000 secoli da che noi siamo qui, le leggi cominciarono ad essere scritte, e il fatto che lo fossero avevano, almeno in punto di principio, due vantaggi enormi: il primo era che chiunque le poteva consultare e il secondo era che queste non dipendevano più dall’umore di qualcuno.

Vero è che ancora duemila e passa anni dopo quelle prime scritture l’imperatore di Bisanzio Giustiniano affermava nelle sue Istitutiones “quod principi placuit, legis habet vigorem”,cioè, traducendo, “ciò che è piaciuto al massimo governante ha forza di legge”. Il che significava che la legge restava il volere del “maschio dominante”, ma, comunque, in qualche modo le prescrizioni dovevano essere scritte e, per questo, certe.

Noi che siamo uomini di mondo, però, sappiamo che non è proprio così e che la certezza resta confinata ad un’impalpabile teoria.

Che ci vuole a promulgare una quantità di leggi talmente immane da renderne di fatto impossibile la conoscenza non solo al pover’uomo della strada come sono io ma addirittura agli addetti ai lavori, legislatori niente affatto esclusi? Che ci vuole a farne un ginepraio tale da rendere di fatto impossibile districarsi? Che ci vuole a nascondere in quel ginepraio leggi in contraddizione reciproca? Che ci vuole, Infine, a cancellare leggi “scomode” senza che nessuno se ne accorga?

Noi italiani siamo da sempre maestri in questa frenetica attività di legislatori e cancellatori e, coerenti con noi stessi, stiamo raschiando via l’articolo 32 della nostra Costituzione laddove sta scritto (scritto, appunto) “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività…” Certo, si tratta di un articolo imbarazzante ma, del resto, a provocare imbarazzo sono quasi tutte quelle affermazioni di sessant’anni fa abbondanti e temo che tra un po’ dei 139 articoli resterà solo l’innocuo 12 (“La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni.”)

Piano piano, un sacco di prescrizioni che riguardano ambiente e salute vengono cestinate o, per restare nello spirito, incenerite, il tutto nella più completa indifferenza degl’italiani, un’indifferenza che deriva soprattutto dall’assoluta mancanza d’informazione. Se tutti sappiamo tutto di Ruby o di Fabrizio Corona, quanti conoscono le inadempienze sui controlli ambientali?

Un passaggio abituale è quello d’innalzare i livelli di “accettabilità” quando rispettarli diventa seccante. Prendiamo ad esempio l’atrazina, quell’erbicida che rende la rana maschio molto meno macho e che non è proprio un toccasana per il genere umano. Quando, nell’ormai remoto 1986 non si riuscì a nascondere che l’acqua “potabile” che sgorgava da certi rubinetti casalinghi di atrazina ne conteneva a iosa, l’allora ministro della Sanità Donat Cattin risolse brillantemente il problema spostando la virgola dei limiti concessi che, in grazia di ciò, si allargarono da un giorno all’altro di dieci volte. Ecco, allora, che come per incanto l’acqua tornò potabile senza, però, che qualcuno chiedesse un parere al nostro organismo.

Ma questa è roba vecchia.

Prendiamo il benzo(a)pirene, un idrocarburo policiclico aromatico inserito dallo IARC, cioè dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel gruppo 2A dei cancerogeni. A produrlo in quantità sono le combustioni dei derivati del petrolio e del carbone e, manco a dirlo, da quelle degl’inceneritori di rifiuti e di quella barzelletta che sono le cosiddette “biomasse”. A Taranto, poi, si può godere del cocktail regalato dall’acciaieria locale che di benzo(a) è una cornucopia. È innegabile che, visto chi produce quella roba, bisognava che le “autorità” corressero al riparo. E, allora, il 13 agosto (lo vedete? Noi diciamo che questi non lavorano e invece a due giorni da Ferragosto sudano per noi), i nostri saggi governanti ti emettono un decreto, il 155, con cui passano un colpo di spugna fino a tutto il 2012 sul divieto di superare i limiti di legge in vigore dal 1999 per quanto riguarda quel composto. La cosa più buffa è che dal 2013 i limiti dovranno essere osservati sì, ma a condizione che la cosa non comporti “costi sproporzionati”. Già: sproporzionati. Quale sarà un costo proporzionato ad un cancro al polmone? E alla vescica? E alla pelle? Sì, questi sono gli organi prediletti dal benzo(a)pirene per il cancro. Volendo risparmiare qualche Euro, si potrebbe optare per patologie miniori come, ad esempio, l’edema polmonare. A questo punto, bisognerà chiedere a chi ha fatto passare il decreto a quanto vende i suoi organi o, magari, a quanto vende il nipotino che gli sta arrivando, essendo quel prodotto anche genotossico, il che significa capace d’intaccare il DNA e di provocare delle trasformazioni cellulari negli embrioni.

Ma noi non ci fermiamo e un altro passo avanti è stato fatto per il cibo. La legge sulla tutela degli alimenti numero 283 del 30 aprile 1962 prevedeva come pena l’arresto da tre mesi a un anno o una multa fino a 46 mila Euro per chi metteva in commercio cibo adulterato. Ora, con un colpo di bacchetta magica, tutto questo non c’è più e chi vorrà fare l’olio “d’oliva” con il sapone, praticare un po’di maquillage a salumi e formaggi che ospitano forme di vita sgradite agli schizzinosi, imbottigliare vino che non ha mai visto l’uva, impastare farina radioattiva o punteggiata delle cacchette di simpatici topolini, oppure vorrà correggere le etichette di scadenza potrà finalmente farlo senza problemi e senza quell’avvilente necessità di nascondersi come è stato finora: la legge non c’è più e ciò che non è vietato, perbacco, è permesso. Ma, insomma, è vero o non è vero che quei rompiscatole degli ambientalisti insistono che non si deve buttare niente e che tutto va riciclato? E così, grazie alla saggezza di chi veglia su di noi, si recuperano e si riciclano chissà quante migliaia di tonnellate di alimenti preziosi.

Stando a Il Sole 24 Ore, a fine 2007 noi italiani avevamo 66.000 leggi contro le 9.000 degl’inglesi, le 8.000 dei tedeschi e le appena 6.000 dei francesi. Se i nostri legislatori ne promulgano troppe, ci lamentiamo; se le tagliano ci strappiamo le vesti… Insomma, non siamo mai contenti.

Stefano Montanari


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commentiCommenti inserisci un commento Inserisci un commento
BALLE non siamo noi Italiani a non essere mai contenti. Sono i nostri governanti che non son sono piu´ tali ma sono solo se va´ bene degli opportunisti incompetenti. Gli Italiani probabilmente sono degli individualisti, realisti e sfiduciati.
commento inviato il 22/01/2011 alle 2:00 da Rosj  









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