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ROMA / 18-06-2011

REFERENDUM GIUGNO, DOPO LA VITTORIA / riflessioni, considerazioni e proiezioni future





VITTORIA DEI REFERENDUM: riflessioni, considerazioni e proiezioni future. Ultime notizie Roma - Alla luce della straordinaria rivolta pacifica e nonviolenta ‘giallo-blu’ dei referendum, per affluenza - 27 milioni circa di votanti pari al 57% degli aventi diritto - e l’altissima percentuale dei consensi - mediamente il 95% - ai quattro quesiti, si’ all’acqua pubblica, si’ all’abrogazione del nucleare e del legittimo impedimento, si puo’ dire che ‘l’alternativa riformista’ al ‘pensiero unico neoliberista’, e’ ora piu’ possibile in Italia. Il risultato dei referendum e’ stato preceduto dalla inaspettata vittoria ‘arancione’ alle elezioni amministrative con la conquista di 24 su 29 tra province e comuni, in testa Milano e Napoli.

Se spira sull’Italia il ‘vento’ del cambiamento, cio’ e’ certamente frutto della ‘ribellione’ pacifica e nonviolenta dei precari, delle donne, degli studenti, per il lavoro e la difesa della scuola pubblica ma e’ anche merito dell’azione saggia e accorta di un politico della Prima Repubblica, Giorgio Napolitano che non ha mancato mai, dal Quirinale, di far sentire la sua voce autorevole. C’e’ oggi, “un grave impoverimento culturale dei partiti e della loro funzione formativa […] o la sinistra immagina cosi’ l'alternativa, credibile, affidabile, praticabile, oppure resterà all'opposizione”, aveva ammonito il 4 maggio il Presidente della Repubblica in occasione di un convegno per ricordare il riformista Antonio Giolitti, ‘liberale’ di formazione, antifascista e partigiano della prima ore, poi comunista quindi socialista dal 1956 per i gravi fatti d’Ungheria e infine eurodeputato dei Ds. Un ‘uomo di cultura’, insomma, prestato alla politica. Si e’ tornati cosi’ a pronunciare la aborrita e bistrattata parola ‘alternativa’ rafforzata dall’aggettivo ‘riformista’ e a restituire ad esse il loro ‘senso’ di cambiamento profondo dello ‘status quo’, come l’aveva intesa Giolitti.

Prima la vittoria ‘arancione’ alle amministrative poi quella ‘giallo-blu’ dei referendum a difesa dei ‘beni comuni’, universali e indisponbili, “l’acqua, l'aria…la cultura”, hanno impresso una forte accelerata al processo di ‘alternativa riformista’, fatta propria dal Partito Democratico: “Noi pensiamo di essere il partito riformista del nuovo secolo e che tocchi a noi - ha spiegato Pier Luigi Bersani - la responsabilita’ di un’alternativa”.

Dietro la legittima difesa dei ‘beni comuni’, la disponibilita’ per tutti dell’acqua – ieri dell’energia elettrica - del diritto alla salute minacciata dal nucleare e il principio costituzionale della ‘legge uguale per tutti’, c’e’ tantissimo del patrimonio ideale, politico, economico della Prima Repubblica quando vigeva il Primato della Politica sull’Economia e la Finanza. E soprattutto quando la disputa era sulla Egemonia Culturale, sulle idee ed il pensiero che meglio sapessero tener conto sia della soddisfazione dei ‘bisogni materiali’, necessari alla ‘persona’ per la sopravvivenza (casa, lavoro, salario, pensione, vestiario), sia della realizzazione insopprimibile, ineludibile dei ‘bisogni immateriali’ indispensabili alla formazione e sviluppo (liberta’, conoscenza, sapere, diritti civili, cultura) della propria identita’. Non come oggi dove in epoca di Primato dell’Economia e della Finanza sulla Politica, il neo-capitalismo finanziario, liberista, mediatico mette in scena lo scontro tra le sue lobby, quella populista e qualunquista di Berlusconi dedita agli affari che annovera nelle sue fila l’Eni di Paolo Scaroni e quella tecnocratica di De Benedetti-Scalfari cui guarda con favore la Fiat, sul puro controllo e gestione delle risorse pubbliche e dei flussi finanziari per meglio fare e garantirsi profitti e rendite, al di fuori e al di sopra di ogni vincolo e di ogni regola.

I referendum sono stati una rivoluzione culturale: protagonisti tantissimi giovani e un buon 10% della sinistra sociale che non votava da molto tempo. Ben 27 milioni di italiani hanno detto che il ‘bene umano comune’ per eccellenza, l’acqua, atto fondativo della vita, non va privatizzato e quindi non puo’ esser soggetto a profitto”, osserva Vincenzo Miliucci del Comitato Promotore del referendu sull’acqua pubblica. “Ci sono beni universali, l’acqua oggi, ieri l’energia elettrica, la scuola e la sanita’ per tutti, le liberta’ sindacali e politiche, indisponibili al profitto come ci ha a suo tempo insegnato Riccardo Lombardi che – precisa Miliucci – in questa rivoluzione culturale di oggi sarebbe stato certamente parte attiva: la sua intelligenza, le sue idee e proposte sono state sempre dirette al sovvertimento dello status quo come fece negli anni ’60 e ‘70. Noi, possiamo dirlo, siamo un po’ figli di quella nazionalizzazione che con la scuola dell’obbligo, la sanita’ per tutti, lo statuto dei lavoratori, la riforma dell’urbanistica che non si fece, cambio’ nel profondo il Paese. Quell’esperienza si esauri’ presto, ma e’ ritornata prepotentemente fuori oggi”.

Gli anni che vanno dal dopoguerra ai primi anni ’70 furono contrassegnati, nella sinistra, da tre opzioni: il compromesso storico basato sul ‘consociativismo’ (Togliatti e Berlinguer) e l’alleanza organica (Nenni e Craxi) basata sulla ‘lottizzazione’ del Potere, con la Democrazia Cristiana ed il capitalismo per accedere alla ‘stanza dei bottoni’; ‘il riformismo rivoluzionario’ (di Lombardi e Giolitti, Trentin e Foa) che mirava, invece, con ‘le riforme di struttura’ a cambiare radicalmente la struttura capitalistica della societa’ e l’assetto dello Stato stesso e una terza ‘anti-istituzionale’ e ‘libertaria’ teorizzata dai ‘maitre a penser’ del Mai 68, Jean Paul Sartre, Michel Foucault, Gilles Deleuze, che puntava alla ‘via rivoluzionaria’ (il ’68) poi degenerata nella ‘lotta armata’. La storia dice che delle tre opzioni, la seconda e’ quella che meglio ha retto nel tempo: le altre due sono fallite, morte e sepolte, la prima, sotto le macerie del Muro di Berlino e di Tangentopoli, la terza nella droga, nella conversione alle sette religiose, compresa quella cattolica e nelle braccia dell’odiato Padrone.

Proprio perche’ l’opzione ‘riformista’, o meglio ‘riformatrice’ si e’ rivelata la piu’ credibile, attendibile e praticabile, e’ ritornata d’attualita’, risvegliando da una lunga obnubilazione ‘la memoria individuale e collettiva’ verso uno dei suoi principali ideatori, Lombardi, ‘le reformiste d’antan’, figura eretica e sfuggente a qualsiasi classificazione, del socialismo italiano e europeo. Con lui altri grandi ‘eretici’ della sinistra italiana, Antonio Giolitti, Bruno Trentin, Vittorio Foa, dalla comune matrice ‘azionista e giellista’ e Pietro Ingrao. “Il suo riformismo mirava ad un vero cambiamento della societa’ in una ottica socialista ma anche nel quadro del mondo moderno”, rimarcava Gilles Martinet, l’intellettuale francese fondatore del ‘Nouvel Observateur’ e autore nel 1969 de ‘La conquista dei poteri’ dove si soffermava sul ‘riformismo rivoluzionario’, proposta originale ed innovativa per “la démocratie socialiste à inventer”. Profeticamente Martinet osservava, “ Diventera’ un riferimento insostituibile quando dopo la sua recente disfatta la sinistra italiana intraprendera’ il processo del suo rinnovamento, della sua rinascita”.

Costruire una ‘alternativa riformista’ o meglio ‘riformatrice’ comporta una radicale e profonda correzione del neo-capitalismo finanziario, liberista e mediatico,fondato sul massimo profitto e la cancellazione di ogni diritto; sul controllo massiccio dell’informazione e sull’assunto ‘consumo ergo sum’. A tale modello se ne puo’ contrapporre un altro ritagliato sull’intuizione lombardiana di ‘una societa’ piu’ ricca perche’ diversamente’ dove il profitto non prevarichi mai i diritti e dove i consumi non sono aboliti, anzi sono molti di piu’ ma ‘qualitativamente diversi’. Superando in tal modo la falsa promessa del benessere dato alla disponibilita’ continua di prodotti da consumare ed usare: per incamminarsi sulla strada del benessere connesso alla possibilita’ di poter sviluppare, attraverso l’accesso alla conoscenza ed ai saperi, quindi alla cultura, avendo piu’ tempo per se’ e per le relazioni interumane, la propria identita’ e personalita’.

In fondo persone come Lombardi, Giolitti, Trentin, Foa, sono stati nelle idee e nei comportamenti molto piu’ ‘rivoluzionari’ non solo dei tanti ‘maitre a penser’ (Sartre, Foucault) di quella ‘sinistra sessantottina’ inconcludente rivelatisi, e anche oggi lo sono di tanti odierni ‘capi-popolo’ ed intellettuali per auto-acclamazione che usano l’antipolitica e l’antipartitismo come clava contro ogni serio tentativo di ‘alternativa riformista e di governo’.

Mai come nella Seconda Repubblica, dominata dall’Antipolitica, l'agenda politica e’ stata dettata dalle lobby del neo-capitalismo finanziario, liberista e mediatico: quella populista-qualunquista berlusconiana e quella tecnocratica del ‘partito editoriale’ Espresso-Repubblica, entrambe ostili ad progetto riformatore in senso socialista della societa’. La prima piu’ rozza e volgare elimina ogni orpello che si frappone al pieno dispiegarsi del profitto, della carriera, dell’affare. La seconda, l’ideologia scalfariana, punta al bipartitismo contro il pluralismo; blandisce ogni forma di intervento pubblico in economia e sponsorizza privatizzazioni e liberalizzazioni indiscriminate.

E’ del tutto evidente che una ‘alternativa riformista’ per essere ‘credibile, affidabile, praticabile’, come la intendevano Lombardi, Giolitti, Trentin, Foa, comporta la radicale messa in discussione del neo capitalismo finanziario liberista mediatico e lo stesso paradigma scalfariano impastato di qualunquismo, giustizialismo e liberismo seppur ‘illuminato’. Del resto, vale tuttora il monito di Lombardi: “Non pensate che il fascismo non sia una tentazione permanente nelle contraddizioni di una societa’ ingiusta perche’ sperequata – disse agli studenti in un incontro alla Statale di Milano nel 1975 – C’e’ una radice fascista che puo’, in circostanze favorevoli, venire alla luce, diventare pericolosa. Non pensate che il fascismo sia, secondo una debole e meschina interpretazione che in passato gli fu data, soltanto violenza […] il fascismo e’ anche violenza […] ma finalizzata alla conservazione di certi poteri e di certi privilegi. E’ questo un giudizio essenziale per poter comprendere il fascismo di ieri ed efficacemente combattere il ben piu’ pericoloso fascismo di oggi”.


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