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ROMA / 24-10-2011
LIBRI, ''LA MEDICINA DELLA MENTE'' / storia e metodo della psicoterapia di gruppo
Se la capacità d’immaginare è la chiave della cura
LIBRI, ''LA MEDICINA DELLA MENTE'': storia e metodo della psicoterapia di gruppo. Ultime notizie Roma - E’ una storia lunga quella raccontata nel manuale “La medicina della mente”, edito dall’Asino d’Oro, scritto da Daniela Colamedici, Andrea Masini e Gioia Roccioletti con il contributo di più di quaranta psichiatri e psicologi. In un viaggio affascinante che parte dall’Antica Grecia, gli autori ripercorrono la storia della malattia mentale e delle sue pratiche di cura attraverso i secoli e le diverse epoche storiche, spiegando come la ricerca sulla realtà umana si sia sempre trovata soffocata tra due enormi giganti: fede e ragione.
All'interesse dei greci per il sogno anche nella pratica medica, seguì l'oscurantismo del cristianesimo che relegò il disagio mentale alla malattia del diavolo o della strega, sottoponendo la patologia solo all’ autorità dell’Inquisizione. Nel continuo alternarsi di nuove teorie medico-filosofiche, la cultura psichiatrica rimase permeata da quella concezione organicista che faceva della patologia della mente una lesione organica. L’eziopatogenesi della malattia mentale veniva ricondotta all’alterazione della realtà biologica dell’organo cervello, e su questo si basano ancora oggi la maggior parte dei trattamenti.
Un’inattaccabile fondamento comune delle innumerevoli teorie sulla mente umana, affondava le sue radici nel presupposto che l’origine stessa dell’uomo, ovvero la nascita,fosse malata. Lo stesso Freud ne fece il principio della sua teorizzazione dell’inconscio ‘polimorfo’ e ‘perverso’ che doveva essere ‘domato’ dalla razionalità, cerbero fedele del pensiero cosciente.
Gli autori del libro fanno invece riferimento ad un pensiero totalmente nuovo, che scardina completamente questo assunto e molti altri dogmi secolari. La teoria e la prassi è quella di Massimo Fagioli, psichiatra attorno al quale nel 1975 è nata l’Analisi Collettiva, nell’Istituto romano di Neuropsichiatra dell’Università La Sapienza. Gruppi di specializzandi e psichiatri si riunivano con Fagioli, già famoso contestatore di Freud, per una serie di incontri di supervisione. In pochi mesi il numero dei partecipanti aumentò sempre di più e gli incontri si trasformarono spontaneamente in seminari aperti al pubblico che proseguono da trentasei anni con quattro sedute settimanali, nel cuore di Roma.
Oggi sono moltissimi gli psicologi e gli psichiatri che seguono la prassi della psicoterapia di gruppo, perché, come spiegano gli autori nell’introduzione, la malattia mentale ha una dimensione sociale: “Una depressione grave, che esprime la sua violenza invisibile nei rapporti interumani, non rimane un fatto privato perché ha ricadute significative che lo psichiatra deve considerare”. Nella terapia individuale nessuno osserva l’operato del medico, mentre nella psicoterapia di gruppo i pazienti osservano e partecipano della cura di altri, e questo rende manifesta la possibilità di guarigione che innesca movimenti interiori molto più efficaci di quelli possibili nell’analisi individuale. La psicoterapia di gruppo ha permesso la ri-significazione dei concetti di setting, transfert e controtransfert, contestualizzandone il senso alla luce della Teoria della Nascita di Fagioli, esposta nel libro “Istinto di morte e conoscenza”, la cui prima pubblicazione risale al 1972.
Uno psichiatra in un setting con più pazienti che interpreta i loro sogni, legge chiaramente nelle immagini (che non sono i ricordi della veglia) i movimenti interni dei soggetti che li raccontano: è questa la cura-ricerca sull’identità umana che ci viene proposta nel manuale.
La parte finale del volume è quella dedicata all’interpretazione del sogno come strumento terapeutico. Le immagini, prova dell’innata capacità creativa dell’uomo, nella malattia mentale si alterano fino a perdersi, e compito del terapeuta è recuperarle, riportando alla luce la ‘capacità di immaginare’.
I medici autori del libro, che operano sia nel privato che nelle istituzioni pubbliche, scrivono di una ricerca che fa del rapporto interumano la culla del funzionamento e della patologia del pensiero. Attraverso questa nuova concettualizzazione, l’inconscio umano, sprofondato storicamente nell’abisso di un mondo non indagabile, diviene non solo conoscibile, ma curabile. Il fine è la guarigione che sta nella realizzazione del rapporto interumano, poiché soltanto da questo si possono scoprire e curare le lesioni della realtà mentale.
Flavia Cappadocia
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