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TORINO / 18-03-2012

TAV, TORINO: ANGELO TARTAGLIA CRITICA IL MINISTRO PASSERA / ''Tante inesattezze nell'intervista su La Stampa''




TAV, ultime news Torino - UnoNotizie.it - La Stampa ha pubblicato in data 6 marzo una intervista di due pagine al ministro Passera sul TAV Torino-Lione, il cui succo sta nel titolo “La Tav è utile e strategica per il futuro dell’Italia”. In questo “dialogo”, sempre privo di interlocutori, vorrei fare una serie di osservazioni nel merito alle affermazioni attribuite al ministro. Naturalmente, sempre in nome di un “dialogo” che è esclusivamente un monologo, non posso che affidare le mie osservazioni a quei canali che sono disponibili per diffonderle e di cui in genere non fanno parte i grandi mezzi di comunicazione. Seguirò il filo delle domande rivolte al ministro dall’intervistatore (Luigi La Spina) e per forza di cose sarò molto conciso e mi atterrò agli aspetti tecnici.

1. Nella prima domanda l’intervistatore afferma che “la realizzazione di una grande opera … è in tutto il mondo vista con favore”, non specifica però quale sia il “tutto il mondo” cui si riferisce né su quali elementi si basi la sua affermazione alla quale non si può che attribuire un carattere ideologico. Nella risposta il ministro afferma che il governo ha effettuato “un riesame completo del  progetto”. Da questo esame “molto approfondito” è emerso che l’opera “è necessaria, utile e strategica”.

Il ministro in tutta l’intervista non riporta un solo elemento fattuale che possa comprovare le sue affermazioni, ma torna a citare, nella risposta alla terza domanda, una “analisi molto approfondita dei costi e dei benefici che l’Osservatorio ha promosso”. Si può comprendere che una intervista poco si presti a snocciolare dati e cifre, ma rimane il fatto che a tutt’oggi l’approfondita analisi costi/benefici continua a non essere pubblica. C’è da chiedersi se non  sia coperta da segreto di stato in analogia con i terreni recintati e presidiati in Valle di Susa che sono stati proclamati di interesse strategico nazionale come le basi militari.

 Più oltre il ministro afferma che l’attuale progetto è molto migliore di quello del 2005, ma per quanto riguarda il tunnel di base, l’opera centrale e di massimo costo, il progetto è pressoché identico a quello del 2005. La novità è la stazione di Susa, ma per tutto il resto della linea vi è ben poco per giudicare se sia meglio o peggio di quella del 2005.

 Il ministro poi afferma che col 2006 “c’è stato un fondamentale cambio di rotta grazie al lavoro svolto dall’Osservatorio”.

Non menziona il fatto (forse non lo conosce) che dall’inizio del 2010 dall’Osservatorio sono stati esclusi i tecnici che rappresentavano i comuni che non dichiaravano a priori di accettare la nuova linea. Che un buon modo per evitare le obiezioni sia quello di allontanare coloro che le fanno è, se posso dirlo, discutibile, ammesso che ci sia un luogo dove discuterne.

2. Nella seconda domanda l’intervistatore osserva che “alcuni oppositori, tra cui anche tecnici ed esperti universitari, ritengono l’opera … inutile…”.

Non riporta nessuno dei motivi per cui i suddetti “tecnici ed esperti universitari” sono contrari, in questo seguendo la linea del suo giornale che non ha mai pubblicato le motivazioni critiche di merito nei confronti dell’opera.

 Il ministro risponde con una serie di  affermazioni non nuove, nessuna delle quali è circostanziata. Dice che l’opera “inserisce il nostro Paese nella rete europea dei trasporti”, ma l’Italia è già inserita in tale rete attraverso le infrastrutture esistenti tanto è vero che il traffico merci ha continuato a crescere (crisi a parte) lungo gli assi Nord-Sud, mentre calava sull’asse Est-Ovest.

 Afferma che “alcune regioni fondamentali… soffrono di gravi svantaggi competitivi a causa di infrastrutture obsolete”, ma non mi è mai capitato di vedere uno studio che mostrasse (non dico dimostrasse) che i concretissimi problemi dell’industria italiana dipendessero da infrastrutture ferroviarie inadeguate piuttosto che dal costo del lavoro, dalla farragine burocratica e dall’obsolescenza, questa sì, dei processi produttivi e delle tecnologie.

Continuando il ministro afferma che la galleria esistente “già 100 anni fa era considerata inadeguata” trascurando il fatto che la linea è stata ammodernata e potenziata a partire dagli anni ‘70 (del 900 non dell’800) e che si stanno ultimando i lavori di potenziamento del tunnel attuale per consentire il passaggio di carri con contenitori navali.

 Più oltre dice che si abbattono i costi, ma una analisi di detti costi non è reperibile in alcun luogo. Se ci si riferisce ai costi sopportati dagli spedizionieri occorre considerare, cosa di solito completamente ignorata, che sia in Francia che (fino ad oggi) in Italia le merci non viaggiano sui binari dell’alta velocità, ma sulle linee ordinarie. Per questa ragione le motrici dei treni merci non richiedono una alimentazione a 25.000 Volt, tipica delle reti ad alta velocità. Il tunnel di base che si vorrebbe realizzare sotto le Alpi sarebbe peraltro a standard da alta velocità quindi con alimentazione a 25.000 Volt. Di conseguenza per attraversarlo i treni merci dovrebbero dotarsi di motrici politensione che includano i 25.000 Volt, oltre che di carri adatti ai binari dell’alta velocità; motrici e carri inutili per il resto del viaggio. Per altro le motrici, come i carri, dovrebbero essere a carico dello spedizioniere. Non credo che queste voci siano state calcolate fra i costi per l’utilizzo della linea e credo molto improbabile che gli spedizionieri siano disponibili ad accollarsi questo prezzo per una tratta di 57 km su complessivamente un migliaio di chilometri di viaggio.

 Il ministro afferma ancora che con la nuova linea si raddoppia la capacità. In realtà il progetto che il governo ritiene di realizzare prevede la sola costruzione del tunnel di base e di continuare per il resto a usufruire della linea esistente. In questo caso è chiaro che la capacità della linea rimane esattamente quella di oggi, perché, come chiunque può facilmente comprendere, la portata di un condotto è determinata dalla sua sezione più stretta non dalla più ampia. Per avere il raddoppio della capacità occorre costruire tutta la linea, ma questo completamento, è dato di capire, è differito di almeno 30 anni e probabilmente di più: nel frattempo il tunnel resterebbe sotto-utilizzato. Se fosse vero che la solidità economica del nord-ovest dipende dalla capacità della linea, allora resteremmo in condizioni di marginalità ancora per alcuni decenni e per di più dopo aver investito ingenti risorse in un’opera che non potrebbe essere utilizzata pienamente, continuando ad ospitare, con costi di gestione ben più elevati, un traffico al più pari a quello che potrebbe transitare oggi sulla linea storica. Questa realizzazione parziale (prima fase, la chiama il ministro) è rilevante anche per quanto riguarda i costi dell’opera.

 Il ministro, nella risposta alla settima domanda, ricorda che si tratta, a carico dell’Italia, di 2,7 miliardi, cifra determinata a valle di un contributo europeo “fino al 40%”. In realtà del contributo europeo è fissato il tetto, non ancora l’entità, che dipende da parecchie cose e dal numero totale di progetti da finanziarsi in Europa. In ogni caso la cifra citata dal ministro si riferisce al solo tunnel di base e alla stazione di Susa, ma, come abbiamo visto, in questo modo l’opera è monca e potrebbe produrre gli effetti indicati come sua motivazione solo una volta completata. Insomma l’impegno economico a carico dell’Italia è quello relativo a tutta la linea nuova fino al raccordo a Settimo con la Torino-Milano. La spesa viene differita, non ridotta. D’altra parte è chiaro che, comunque vadano le cose, l’avere alle spalle un tunnel costoso e sottoutilizzato verrebbe addotto come forte motivazione per il completamento dell’opera, quale che ne sia il prezzo.

4.  Nella quarta risposta il ministro afferma che “la valle sarà alleviata da un eccesso di trasporto su gomma”. Sarebbe interessante poter avere visione degli studi ed analisi di mercato che gli consentono una tale affermazione perché stando ai modelli previsionali elaborati dalla stessa LTF e facenti parte dei quaderni dell’osservatorio (prima della sua fase “riservata”) risulterebbe che se il flusso complessivo di merci salisse quanto richiesto per dar senso alla nuova linea crescerebbe anche il traffico su strada, solo che crescerebbe un po’ meno di quello in ferrovia. Peraltro studi SITAF pubblicati nel 2009 dicono che poco più del 50% del traffico di automezzi pesanti lungo la valle è a raggio medio-breve, cioè tale da non essere interessato alla ferrovia.

 Il ministro ricorda anche che “il collegamento con tutta l’area di Torino sarà facilitato da collegamenti metropolitani…”, risultato che si potrebbe raggiungere anche oggi, senza attendere decenni, se qualcuno investisse nella risistemazione della rete metropolitana e, in particolare, mettesse a disposizione le risorse per acquisire e mantenere in efficienza i treni necessari.

Si afferma poi l’importanza turistica della stazione internazionale di Susa. Sarebbe utilissimo poter vedere quali analisi di mercato sostanziano questa importanza. Una stazione internazionale significa consentire a passeggeri “internazionali” di salire e scendere a Susa. Resta da capire per quale motivo lo dovrebbero fare in misura significativa. Susa è una gradevole cittadina con testimonianze di un importante passato, ma sembra molto improbabile che possa di per sé dar luogo ad una capacità di attrazione rilevante. Si potrebbe pensare naturalmente al turismo invernale (e qualcuno in passato lo ha fatto), ma quel turismo ragionevolmente sarebbe interessato ad arrivare in treno a Bardonecchia o a Oulx piuttosto che a Susa dove poi dovrebbe salire su un autobus (o magari su un treno della linea storica) per raggiungere le località sciistiche.

 Per completare la risposta il ministro ricorda che “per i soli cantieri” ci sarebbero “almeno duemila posti di lavoro sul territorio per molti anni”.

In realtà la cifra appare sovrastimata se riferita al solo cantiere, ma ci vorrebbe qualche documento per indicare come è stata effettuata la valutazione. Il personale impegnato nello scavo di un tunnel come quello di base è in massima parte specializzato e non viene reperito “sul territorio” ma segue l’impresa per cui lavora. Per finire, l’occupazione a termine di cui si parla corrisponderebbe ad un investimento di più di un milione di euro a posto di lavoro. Gli analisti economici credo possano indicare diversi settori produttivi in cui con un milione di investimento si crea decisamente più di un posto di lavoro.

5. Nella quinta risposta il ministro afferma che “la maggioranza dei Comuni che si oppongono … non saranno minimamente toccati dai lavori”. Il ministro fa riferimento al solo tunnel di base, non considerando la sistemazione dello smarino, mentre, come abbiamo visto, l’opera potrebbe avere un senso solo se completa e pertanto alla “prima fase” seguirebbe ineludibilmente il resto. A questo punto la geografia insegna che i comuni che si oppongono sono in massima parte direttamente toccati dalla nuova linea, mentre è certo che la maggioranza dei piccoli comuni che sono oggi in osservatorio (e hanno preliminarmente “accettato l’opera”) non sono territorialmente interessati alla nuova linea né in versione ridotta né in versione completa: il loro problema è non essere esclusi dalle eventuali “compensazioni”.

6.  Nella sesta risposta si parla del perché l’attuale linea è sottoutilizzata e il ministro afferma che ciò è dovuto al fatto che l’attuale ferrovia “è tortuosa, costosa e non competitiva”.

In realtà tutto il traffico tra Italia e Francia, sia su strada che su rotaia, è in stagnazione-calo dal 2001, mentre nello stesso periodo il traffico attraverso la Svizzera e attraverso l’Austria ha continuato a crescere. La crescita era ben presente anche prima dell’entrata in funzione del tunnel svizzero del Lötschberg (a una sola canna) e sussiste anche in assenza dei nuovi tunnel del Gottardo e del Brennero e di qualsiasi potenziamento della linea verso l’Italia a valle de Lötschberg. La crescita lungo gli assi Nord-Sud ha ragioni strutturali legate all’attestamento nei porti del Mediterraneo e alla dislocazione dei mercati; le stesse cause strutturali che mettono in secondo piano l’asse Est-Ovest.

Credo che non ci si possa più permettere a nessun livello di trattare alla leggera le motivazioni di questa opera.


Angelo Tartaglia

(Politecnico di Torino)


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