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ROMA / 08-07-2012
SPENDING REVIEW, SANITA' / I cambiamenti nella sanità italiana dopo i tagli
A rischio mille reparti ospedalieri. Il governo decreta anche la chiusura di 37 tribunali
La sanità italiana in trasformazione dallo spending review, ultime notizie Roma - Le prime reazioni al decreto sulla spesa pubblica non si sono fatte attendere: dopo aver optato per un drastico taglio delle province il governo si è ritrovato contro gli enti locali, province e regioni in testa, e i sindacati. Grande imbarazzo anche nei partiti che sostengono il governo Monti in parlamento per le misure di austerity che il premier con l'ausilio del supercommissario Enrico Bondi ha imposto agli italiani. I soggetti che vivono maggiori difficoltà sono i governatori di regioni e province e il Partito Democratico, che si trova a fare i conti con una 'batosta' da 26 miliardi di tagli in tre anni, molti dei quali in settori storicamente tutelati dal centrosinistra.
Ma i tagli alla sanità, con la cancellazione quasi immediata di 18 mila posti letto, e la mannaia che cala sui dipendenti statali, sono misure difficili da far mandare giù anche ai governatori e, soprattutto, al sindacato. Che in questa tornata vede il ritorno di un nuovo asse tra Cgil e Uil, pronte allo sciopero generale, e una Cisl che, come i centristi di Casini, cerca di ritagliarsi il ruolo del 'responsabile' sostenitore di quel governo che impone sacrifici per mettere in salvezza il Paese. La sforbiciata al servizio sanitario, invece, mette in serio imbarazzo il Pd: Pier Luigi Bersani la bolla, preoccupato, come una vera e propria "mazzata".
Per la sanità, osserva con un'amara battuta il segretario del Pd, "a Tremonti si aggiunge Monti... ci sono troppi Monti da scalare". E ancora: "Ci sono cose che ci preoccupano molto. I governatori hanno ragione, è gente che pensa, non sono azzeccagarbugli". E loro, i presidenti delle Regioni, proprio non ci stanno. La spending review così come scritta è "insostenibile" avverte il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani. E' "un decreto ammazza-Italia" lo bolla il presidente della Puglia, Nichi Vendola mentre il governatore della Lombardia, Roberto Formigoni, azzarda: sono "tagli effettuati ad canis cazzium".
"Non siamo in condizione di poter garantire i livelli essenziali" argomenta Renata Polverini mentre anche dal fronte delle province, che pure non osano criticare il loro dimezzamento, ci si preoccupa per i 500 milioni di tagli. "Rischiamo di non riaprire le scuole a settembre" avverte Giuseppe Castiglione, presidente dell'Unione delle province. "C'é grande preoccupazione per i tagli perché andranno a compromettere servizi fondamentali: interverremo in Parlamento" annuncia così il responsabile economia del Pd Stefano Fassina.
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