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TARANTO / 09-08-2012

ILVA TARANTO / Confermato il sequestro, ma l’Ilva non si ferma

Il tribunale del riesame conferma il provvedimento per l'area a caldo dello stabilimento di Taranto, anche se l’impianto non si fermerà. Previsto il risanamento e la bonifica


Il tribunale del Riesame di Taranto conferma sostanzialmente quanto già stabilito dal giudice per le indagini preliminari della procura di Taranto, Patrizia Todisco, nell’ambito dell’inchiesta sul presunto danno da inquinamento ambientale, causato dagli stabilimenti dell’Ilva di Taranto. Gli impianti dell’area a caldo, quindi, restano sotto sequestro ma saranno accessibili per i lavori di adeguamento e per l’applicazione delle misure antinquinamento. L’impianto viene perciò vincolato alla messa a norma e non alla chiusura, come era stato paventato in un primo momento.
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Nello specifico, il tribunale del riesame ha dato incarico ai custodi giudiziari di far osservare i lavori e le prescrizioni indicate dal gip (Giudice per le indagini preliminari) nel suo provvedimento sulla base della consulenza dei periti che stilarono le due perizie depositate all'incidente probatorio. Tra queste la prescrizione sicuramente più importante è quella per la realizzazione di un impianto di monitoraggio continuo delle emissioni. La facoltà d’uso degli impianti sarebbe quindi condizionata all’esecuzione di lavori e alla realizzazione di misure e tecnologie che rendano gli stessi impianti compatibili con le esigenze di risanamento e di tutela dell'ambiente e della salute.

Confermati anche gli arresti domiciliari per Emilio Riva patron e presidente dell'Ilva Spa fino al maggio 2010, per il figlio Nicola Riva, succedutogli nella carica e dimessosi il 10 luglio scorso e per l'ex direttore dello stabilimento Luigi Capogrosso, anch’egli dimessosi poche settimane fa. Gli altri cinque indagati, tutti capiarea Ilva, sono stati rimessi in libertà. Si tratta del dirigente capo dell'area del reparto cokerie, Ivan Di Maggio, del responsabile dell'area agglomerato, Angelo Cavallo, del capo area parchi minerali, Marco Andelmi, del capo area acciaieria 1 e 2 e capo area Crf Salvatore D'Alò, e Salvatore De Felice, capo area altoforno e da poco subentrato a Capogrosso alla direzione dello stabilimento di Taranto. L'accusa per tutti gli indagati è quella di disastro ambientale colposo e doloso, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, danneggiamento aggravato di beni pubblici, getto e sversamento di sostanze pericolose e inquinamento atmosferico.

In base a quanto stabilito dalla conferenza dei Capigruppo della Camera dei deputati, i parlamentari sono convocati tra ieri e oggi (7 e 8 agosto) per annunciare il decreto legge ad hoc, varato nell’ultimo Consiglio dei Ministri di venerdì scorso. Il provvedimento che deve ancora essere firmato dal Capo dello Stato, mette in ballo 336 milioni di euro utili ad avviare gli interventi di bonifica e risanamento del territorio. L'esame del decreto da parte del Parlamento, comincerà comunque dopo la pausa estiva, il 3 settembre. La convocazione della Camera, come previsto dalla Costituzione, è necessaria perché il presidente deve dare comunicazione all'Aula dell'arrivo del decreto, assegnandolo alle commissioni di competenza.

Il Ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera, ha dichiarato nei giorni scorsi che ''Occorre evitare la chiusura dell'Ilva, se si chiudono quegli impianti non si riaprono più’'. I fondi per la bonifica e i tempi per raggiungere standard diversi ''sono dati che tutti insieme portano a evitare la chiusura''. L'alternativa pane-veleno ''e' inaccettabile''. "Non possiamo però neppure dire che gli impianti dell'Ilva vanno tenuti aperti a qualsiasi condizione - ha puntualizzato Passera - in quanto i criteri salute pubblica devono essere considerati". "Ci deve essere l'impegno di tutti a non chiudere, ne va di mezzo non solo il gruppo Riva ma tutta la filiera". Quello che l'azienda stava facendo, le risorse che il governo ha messo a disposizione per bonifiche e interventi, buona volontà e il tempo per raggiungere certi standard e non parametri estremi, "sono tutti elementi che possono portare a evitare la chiusura".

Sulla stessa linea anche l’attuale presidente dell’Ilva, Bruno Ferrante,  che ha spiegato come "In questi giorni, tra ieri e oggi, siamo andati al di là delle autorizzazioni amministrative e del dettato normativo proprio per dare un segnale di un impegno serio e concreto, di una volontà precisa di ridurre l'impatto ambientale che lo stabilimento ha sul territorio di Taranto". Ferrante ha rilasciato le sue dichiarazioni a Bari a margine di un incontro avuto con il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, e l'assessore all’ambiente, Lorenzo Nicastro, a proposito delle conclusioni della prima riunione tecnica sula questione ambientale tenuta ieri nel capoluogo pugliese. Per Ferrante, ieri, dal tavolo tecnico "é stato fatto un ottimo lavoro, molto concreto, che ha individuato degli obiettivi e anche le soluzioni". "Un ottimo lavoro - ha aggiunto - anche per il metodo che è stato utilizzato che vede tutte le parti pubbliche e il privato allo stesso tavolo dialogare e confrontarsi sui problemi dell'Ilva e sulle soluzioni. Credo che questo sia il metodo di lavoro anche per il futuro".

Riguardo alla decisione presa dal tribunale del riesame, il segretario confederale della Cgil, Elena Lattuada,  ha affermato che "in attesa di poter leggere le motivazioni dell'ordinanza del tribunale del riesame non possiamo che constatare quanto la decisione assunta sia un primo passo verso quel possibile connubio tra diritto al lavoro e diritto alla salute". Secondo la sindacalista, infatti, il provvedimento dimostra come si possa "continuare a produrre e, contestualmente, procedere con celerità verso l'ambientalizzazione degli impianti industriali".


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