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ROMA / 29-08-2012
PROCREAZIONE ASSISTITA / Una sentenza dell’Europa boccia la Legge 40
La Chiesa con il Card. Bagnasco insorge. Il titolare della Salute Balduzzi parla della necessità di un ricorso
Con una sentenza emessa pochi giorni fa la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha bocciato un articolo della legge italiana 40 sulla fecondazione assistita. La sentenza è arrivata dopo il ricorso avanzato da una coppia italiana fertile ma portatrice sana di fibrosi cistica contro il divieto di accedere alla diagnosi preimpianto degli embrioni.
I sette magistrati hanno condannato lo Stato italiano a pagare 15mila euro per danni morali e 2.500 per le spese legali per la violazione del diritto al rispetto per la vita privata e familiare della coppia italiana. Nella sentenza, i magistrati hanno sottolineato "l'incoerenza del sistema legislativo italiano che da una parte priva i richiedenti dell'accesso alla diagnosi genetica preimpianto, e dall'altra li autorizza a effettuare un'interruzione di gravidanza terapeutica quando il feto è affetto da questa stessa patologia". Il verdetto diventera' definitivo entro tre mesi se non ci saranno ricorsi di fronte alla Grande Camera.
Il caso era stato sollevato di fronte alla Corte europea di Strasburgo da Rosetta Costa e Walter Pavan: i due, dopo aver scoperto di essere portatori sani di fibrosi cistica, avevano deciso di rivolgersi alla fecondazione in vitro per poter effettuare test genetici sull'embrione prima dell'impianto ed escludere così la trasmissione della malattia.
Tale possibilità è vietata dalla legge 40. La Corte di Strasburgo fa riferimento anche della sentenza del tribunale di Salerno che il 13 gennaio 2010 autorizzò per la prima volta in Italia una coppia fertile portatrice sana di atrofia muscolare spinale ad accedere alla diagnosi genetica preimpianto e alle tecniche di procreazione assistita. "Tale decisione - si sottolinea - rimane isolata".
Sul provvedimento della Corte Europea di Strasburgo non hanno tardato ad emergere pareri dissonanti. Il card. Angelo Bagnasco, presidente della CEI ha affermato che «bisogna ripensarci un attimo a livello nazionale: sia a livello di tecnici che di esperti, sia nel merito che nel metodo perchè non si è passati attraverso la magistratura italiana. Bisogna ripensarci - ha aggiunto il porporato - c'è stato un superamento, un surclassamento della magistratura italiana, è singolare».
Fondamentalmente d’accordo anche il ministro della Salute, Renato Balduzzi che da Lucca, dove si era recato per alcuni impegni istituzionali ha ribadito che l’orientamento del Governo è in linea con quello della Santa Sede, poiché è necessario un chiarimento giurisprudenziale. Dopo la lettura della sentenza e una necessaria valutazione delle motivazioni della Corte, il ministro proporrà ai colleghi dell’Esecutivo di presentare ricorso. Come ha spiegato poi Balduzzi in un’intervista a Radio Vaticana "Il mio intendimento è quello di proporre al Cdm l'intenzione di fare ricorso contro la sentenza della Corte europea". Ma c'è la necessità di "una riserva di approfondimento".
"Tra ieri e stamani sono riuscito a dare una lettura un po' frettolosa alla sentenza e ci stanno lavorando anche i miei uffici. Credo - ha detto - che sia forse opportuna una richiesta di un punto giurisdizionale fermo per quanto riguarda la Corte europea dei diritti dell'uomo e che dunque un ricorso da parte del nostro Paese valga proprio a consolidare un punto di riferimento".
Per Balduzzi ci sono anche "profili di carattere processuale che andrebbero monitorati perché è chiaro che si riferiscono non solo al caso di specie ma a tutti i casi possibili. Siccome stanno aumentando le ipotesi di confronto tra ordinamenti, quello italiano e quello del Consiglio d'Europa, credo che anche sotto questo profilo un nostro ricorso potrebbe servire a un chiarimento giurisprudenziale". "Con riserva di un approfondimento, una volta presa in esame questa pronuncia - ha detto il ministro - mi sembra che ci siano gli elementi per promuovere un ulteriore chiarimento giurisprudenziale".
Se dal Pdl arriva il sostegno di Gasparri e Giovanardi, il Pd, con Ivan Scalfarotto, vicepresidente dell’Assemblea nazionale del Partito Democratico, contesta la presa di posizione del ministro affermando che "La legge sulla procreazione assistita in Italia va cambiata sono ormai diverse le pronunce di corti italiane ed europee che ce lo dicono. Credo, quindi, che piuttosto che pensare a un ricorso alla Corte si debba lavorare per abrogare questa legge e formularne una più coerente e moderna".
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