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AYPYIDAW / 17-04-2013

BIRMANIA MYANMAR STRAGE MUSULMANI / Minoranza musulmana trucidata al confine col Bangladesh



Roma Birmania strage musulmani UnoNotizie.it
– La situazione in Birmania non smette più di peggiorare e si fa ogni giorno più preoccupante. Nonostante la scorsa primavera vi fosse stata l’illusione per la nascita di una ormai insperata democrazia; dopo soli tre mesi dall’ elezione del Premio Nobel Daw Aung San Suu Kyi la situazione ritorna a quella precedente. Nei villaggi vicino al confine con il Bangladesh si sta verificando una terrificante pulizia etnica verso la popolazione musulmana.

La Birmania (in lingua birmana Myanmar) è uno Stato dell'Asia sudorientale. Occupa parte della costa occidentale della penisola indocinese, è affacciato sul Golfo del Bengala e sul mar delle Andamane e confina da ovest a est con Bangladesh, India, Cina, Laos e Thailandia. Dopo il colpo di stato del 1988, è sotto il regime militare di Than Shwe.

La Birmania fu colonizzata dall'Inghilterra sin dal 1842, quando la Gran Bretagna invase il territorio e la annessa all'impero anglo-indiano; in seguito i britannici costruirono le abituali infrastrutture coloniali e trasformarono il paese in uno dei più importanti esportatori di riso.

La Birmania è uno dei cosiddetti paesi in via di sviluppo. Ha una popolazione di circa 55 milioni abitanti di cui un milione sono musulmani, la comunità rohingya, ma il governo non l’ha mai riconosciuta ufficialmente. Tutto cio’ mentre per le Nazioni Unite, i musulmani del Myanmar rappresentano una delle piu’ grandi minoranze etnico-religiose i cui diritti non vengono rispettati dal governo centrale.

La nuova ondata di violenza contro i rohingya e’ cominciata il 28 maggio a Maungdaw (al confine col Bangladesh) dopo l’uccisione di una donna di religione buddista, i tre presunti colpevoli di religione musulmana. Il 3 giugno a Toungup, 300 persone hanno assaltato un autobus diretto a Yangon, su cui si era sparsa la voce che i tre fossero a bordo: 11 passeggeri di religione musulmana uccisi per vendetta.

Nonostante la dichiarazione dello stato d’emergenza, il 10 giugno, gli scontri tra le due comunità sono aumentati, con migliaia di abitazioni musulmane distrutte, 80 morti, decine di donne e ragazze musulmane stuprate e oltre 100.000 sfollati. Le autorità del Bangladesh, dopo aver respinto 1500 profughi, ne hanno arrestati almeno 150 che avevano cercato di entrare attraversando il fiume Naf.

Negli anni Novanta, le autorità birmane hanno trasferito con la forza decine di migliaia di rohingya dallo stato di Rakhine. Nonostante si sia impegnato a rispettare la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, il governo centrale continua a negare ai bambini e alle bambine musulmani il diritto alla cittadinanza, che pregiudica il godimento di tutta una serie di altri diritti: all’educazione, al lavoro, alla salute, alla vita familiare.

Da molti anni, le organizzazioni per i diritti umani chiedono al governo di Myanmar di porre fine alla discriminazione di stato nei confronti dei rohingya, che alimenta il disprezzo e il pregiudizio nei loro confronti.

Rispetto all’attuale situazione, Amnesty International ha sollecitato il governo a porre al più presto fine allo stato d’emergenza, a consentire l’ingresso di aiuti umanitari ai rohingya e a chiedere l’intervento di osservatori internazionali per garantire il rispetto dei diritti umani nello stato di Rakhine.

La persecuzione dei musulmani del Myanmar avviene nell'indifferenza totlale della Comunità internazionale e nel silenzio assoluto dei media occidentali. Neanche’ Aung San Suu Kyi, nel corso del suo tour europeo, dove aveva ricevuto il Nobel per la pace e il riconoscimento “Ambasciatrice della coscienza” , ha voluto parlare del dramma dei musulmani del suo paese. Si tratta di una realtà terrificante che viene trascurata facilmente dai falsi difensori dei diritti umani.


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