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LECCE / 02-05-2013

CHAT, INTERNET ITALIA / Per Cassazione è reato creare un falso profilo chat Internet

Risponde del reato di sostituzione di persona chi crea un falso profilo per la chat anche se l’ignaro titolare compare solo con il “nickname” e viene diffuso il suo numero di cellulare





Chat italiana, ultime notizie Lecce - La Cassazione interpreta estensivamente l’articolo 494 del codice penale anche perché non vi sono norme incriminatrici aggiornate ai tempi: sussiste il reato se lo pseudonimo nel sito hard danneggia la parte offesa, molestata e offesa via cellulare. Ancora una volta la tecnologia e lo sconfinato mondo di internet nel mirino della giurisprudenza. Si rivela per Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, infatti, un precedente interessante la sentenza della quinta sezione penale della Cassazione numero 18826/13, pubblicata il 29 aprile, che mette sotto la lente d’ingrandimento la prassi ormai diffusissima di creare falsi pseudonimi a carico di ignari cittadini da utilizzare nelle chat, specie per quelle a contenuto erotico.

Secondo la Suprema Corte è passibile di condanna penale anche per il reato di sostituzione di persona, oltre che di ingiurie e molestie, chi crea un falso profilo in una chat erotica assegnando un nickname all’ignaro titolare, il quale viene bersagliato da molestie e ingiurie dopo la diffusione in rete del numero del suo cellulare. In tal senso, infatti, devono essere inquadrate le circostanze che portano agli approcci delle persone che contattano l’utenza convinti di rivolgersi a una persona interessata a incontri a sfondo sessuale. Gli ermellini, peraltro, evidenziano come l’ordinamento sia carente di norme adeguati ai tempi e non al passo con la continua evoluzione della tecnologia.

Nel caso di specie, una dipendente in causa con l’ex datrice di lavoro è stata condannata anche a  5 mila euro di euro di danni, oltre alle spese processuali, per aver creato un profilo chat riconducibile a quest’ultima nel canale telematico erotico riservato agli incontri. La persona offesa, era  stata  infatti oggetto continuo di   messaggi e telefonate a sfondo sessuale.

Per i giudici del Palazzaccio, a rendere operante il reato di sostituzione di persona è sufficiente aver creato un nickname che contiene le iniziali di nome e cognome della malcapitata, seguita dall’inequivocabile suffisso “sex”. Per carità, si tratta sempre di uno pseudonimo, ma nella rete costituisce comunque un contrassegno identificativo che individua una specifica persona fisica. Peraltro, la diffusione del numero di cellulare della parte offesa è assolutamente indicativo: e oltrre ai messaggi giungono anche MMS con immagini piuttosto esplicite.

È inequivocabile, per la Corte la configurabilità dell’elemento soggettivo necessario per l’integrazione dell’articolo 494 del Codice Penale: il falso profilo formalmente riconducibile alla detestata ex titolare è stato realizzato certamente per procurarle dei danni, esponendola alle molestie e alle ingiurie, con circostanze che ledono l’immagine e la dignità della parte offesa. Non passa inosservato il fatto che anche gli autori dei messaggi si sono ritrovati invischiati nelle indagini giudiziarie mentre credevano di contattare una persona disponibile agli incontri. Esemplare anche la pena che è risultata superiore al minimo edittale per la durata delle molestie e per la particolare «capacità inventiva» dimostrata dall’agente.

Fonte: Giovanni d'Agata

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