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ROMA / 21-05-2013
CLASSE DIRIGENTE ITALIANA / Età classe dirigente italiana in economia e pubblica amministrazione piàù alta in Europa
L’età media della classe dirigente italiana impegnata nelle politica, nell’economia e nella pubblica amministrazione è di 58 anni, la piu’ alta tra tutti i Paesi europei. E’ quanto emerge dal secondo report sull’età media della classe dirigente italiana, presentato nel corso dell’Assemblea dei giovani della Coldiretti e realizzato in collaborazione con il Gruppo 2013. Il forte ringiovanimento che ha interessato la classe politica impegnata nelle istituzioni non ha coinvolto i potenti impegnati nelle altre attività, che sono molto piu’ anziani rispetto ai partner comunitari. A conquistare il triste primato dell’anzianità nel momento economicamente piu’ difficile per l’Italia dal dopoguerra sono le banche, che hanno una età media degli amministratori delegati e dei presidenti di circa 69 anni, addirittura piu’ elevata di quella dei Vescovi italiani in carica. Seguono da vicino i presidenti dei tribunali delle città capoluogo di Regione, che hanno in media oltre 65 anni, con 9 casi su 20 che superano i 70 anni e solo 2 presidenti che hanno meno di 50 anni. A preoccupare particolarmente è anche il mondo della formazione, con i professori universitari italiani che hanno una media di 63 anni, i più anziani del mondo industrializzato. Un quarto dei professori ha più di 60 anni contro poco più del 10 per cento in Francia e Spagna e l’8 per cento in Gran Bretagna. Con il record della disoccupazione giovanile la crisi si aggrava perché non si rinnova la classe dirigente italiana e vengono a mancare idee, energie e risorse nuove fondamentali per la crescita del Paese”, afferma il delegato nazionale dei giovani della Coldiretti Vittorio Sangiorgio nel sottolineare che “la disoccupazione giovanile è uno spreco che l’Italia non può permettersi”.
Economia nelle mani dei più vecchi. Top banche con 69 anni
La classe dirigente piu’ vecchia d’Italia si trova nel mondo economico, dove il record è fatto segnare dagli istituti di credito, con l’età media dei presidenti e degli amministratori delegati dei principali gruppi bancari italiani che sfiora i 70 anni. “Pensare che le prospettive di ripresa in campo economico del nostro Paese sono nelle mani di una generazione che dovrebbe essere già da tempo in pensione non ci rassicura”, afferma il delegato nazionale dei giovani della Coldiretti Vittorio Sangiorgio nel sottolineare che “l’Italia ha bisogno di pensare al futuro secondo prospettive di lungo periodo che troppi “potenti” non hanno. Il rischio è che ad essere vecchie, ed anche poche, siano soprattutto le idee con le quali si vuole affrontare la crisi, Non è un caso - conclude Sangiorgio - che il credito sia il vero elemento di criticità nelle nostre imprese. Il presidente di Ubi Banca ha 82 anni e 81 quello di Intesa San Paolo, ma in generale i consiglieri di amministrazione hanno in media 5 anni in più che nel resto delle banche europee e guadagnano il doppio dei loro colleghi tedeschi. Il presidente di Banca Intesa San Paolo ricopre la carica da 27 anni e da più di un ventennio diversi altri presidenti e Ceo. L’età media dei presidenti e degli amministratori delegati delle principali società a partecipazione pubblica sfiora i 62 anni. Superano l’età pensionabile (65 anni) i presidenti di Ferrovie dello Stato (Lamberto Cardia: 79 anni), Concessionaria Servizi Assicurativi Pubblici (Andrea Monorchio: 74 anni), Cassa Depositi e Prestiti (Franco Bassanini: 73 anni), Expo 2015 (Diana Bracco: 72 anni), Fintecnica (Maurizio Prato: 72 anni), Sace (Giovanni Castellaneta: 71 anni), Sogin (Giancarlo Aragona: 71 anni), Alitalia (Roberto Colannino: 70 anni), Poste Italiane (Giovanni Ialongo: 69 anni), Rai (Anna Maria Tarantola: 68 anni), Finmeccanica (Giuseppe Orsi: 68 anni), Invitalia (Giancarlo Innocenzi Botti: 68 anni). Sopra i 65 anni anche gli amministratori delegati di Gestori servizi energetici (Nando Pasquali: 68 anni), Eni (Paolo Scaroni: 67 anni), Enel (Fulvio Conti: 66 anni). La situazione non cambia di molto nei consigli di amministrazione delle prime 100 società italiane in ordine di capitalizzazione che hanno una età media pari a 62 anni, un valore leggermente più basso di quello che si registra negli Stati Uniti, ma decisamente più alto di quello degli inglesi e dei tedeschi (intorno a 57 anni). Più della metà dei consiglieri ha più di 60 anni. La cifra anagrafica non cambia se consideriamo gli altri attori rilevanti della rappresentanza socio-economica. I segretari regionali dei principali sindacati dei lavoratori hanno in media 56 anni, età solo leggermente inferiore a quella dei presidenti regionali delle organizzazioni di rappresentanza dell’industria e del commercio che è di 58 anni mentre nell’agricoltura, in Coldiretti, l’età media dei presidenti regionali è di 46 anni.
Parlamento italiano è il più giovane in Ue
Dalle elezioni è uscito il parlamento piu’ giovane della storia repubblicana con una età media di deputati e senatori di 48 anni, la piu’ bassa tra i principali Paesi europei e non solo. L’età media dei deputati è di 45 anni, ben 9 anni più bassa di quella degli onorevoli della passata legislatura, mentre l’età media dei senatori è di 53 anni, 4 anni di meno dei loro colleghi della legislatura predente. A Montecitorio i deputati under 30 sono 34 a fronte dei 2 soltanto nella legislazione precedente. Per la prima volta nella storia repubblicana età dei deputati è assai vicina a quella media degli italiani (43 anni). Oggi i parlamentari italiani sono tra i più giovani d’Europa e anche degli Stati Uniti. Un grande e inaspettato ringiovanimento dell’istituzione cardine della nostra democrazia rappresentativa. Il parlamento italiano è oggi il più giovane tra i parlamenti dei principali paesi europei. Se l’età media di un deputato italiano è 45 anni quella dei loro colleghi francesi è di 55, quella dei tedeschi e spagnoli 53, degli inglesi 52. Anche l’età media dei rappresentanti alla Camera Usa è oggi di ben 11 anni maggiore di quella media italiana. Ancora più marcato è lo squilibrio anagrafico a favore dei senatori italiani: 53 anni contro i 69 dei loro colleghi inglesi e i 62 dei francesi e statunitensi. Il nuovo parlamento rappresenta soprattutto una sfida generazionale per i tanti giovani che per la prima volta arrivano in Parlamento per svolgere importanti funzioni Istituzionali dalle quali dipende il futuro del Paese”, afferma il delegato dei giovani della Coldiretti Vittorio Sangiorgio nel sottolineare che “in loro ripongono le speranze di cambiamento tanti giovani come noi”.
Il governo ha un'età media di 53 anni, 11 in meno del precedente
Sulla scia del ringiovanimento parlamentare si è abbassata sensibilmente anche l’età anagrafica media della nuova compagine di Governo, che scende per i membri dell’Esecutivo Letta a 53 anni, 11 anni in meno del Governo Monti. Il presidente del Consiglio, Enrico Letta (46 anni) è circa un quarto di secolo più giovane del suo predecessore Mario Monti e di oltre 30 anni di Silvio Berlusconi, a capo del Governo prima dell’arrivo dei “tecnici”. Due generazioni sideralmente distanti: l’attuale premier nato nell’immediato pre-Sessantotto repubblicano e i suoi predecessori durante il fascismo. Letta è un capo di governo giovane anche se confrontato con gli attuali leader dei 27 Paesi dell’Unione europea, essendo di ben 5 anni più giovane della media (52 anni). L’età media dei ministri del nuovo esecutivo è di 53 anni, 11 in meno del governo Monti, e soltanto di qualche mese più alta del governo Berlusconi, ma anche della media dei governi Ue (51,2). Il ministro più giovane del governo Letta ha 37 anni, quello del governo Monti 57; i più anziani rispettivamente 70 e 76. Nel primo solo 5 ministri su 23 sono over 60 mentre nel secondo solo 6 su 17 erano under 60; nel primo 9 ministri hanno meno di 50 anni contro nessuno nel secondo. Una indubbia discontinuità anagrafica e generazionale. Nel Governo Letta il più giovane è il ministro delle Politiche agricole, Nunzia De Girolamo, con 37 anni mentre il più anziano è il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, con 70 anni. “Ci incoraggia il fatto che oggi abbiamo un premier che in questa sala, alla nostra assemblea del 2011 disse: “l’Italia degli anni 60 aveva i giovani nel motore di sviluppo del Paese, oggi li ha messi in panchina”, afferma il delegato dei giovani della Coldiretti Vittorio Sangiorgio nel sottolineare che “noi siamo pronti a svolgere il nostro ruolo per il bene del Paese, nel suo motore possiamo mettere il miglior carburante (le energie giovani) proveniente da fonte rinnovabile (il meglio del territorio Italiano). “Il fatto che il ministro più giovane del governo, l’onorevole Nunzia De Girolamo, abbia la delega alle Politiche agricole - conclude Sangiorgio - è una opportunità per cogliere al meglio ciò che di “straordinariamente giovane” sta avvenendo in agricoltura e nei territori Italiani”.
In programmi partiti, giovani citati 65 volte su 50.000 parole
Nei programmi elettorali dei 6 principali partiti che hanno partecipato alla consultazione del 24 e 25 febbraio 2013 la parola giovani compare 65 volte in tutto su circa 50 mila parole complessive, pari allo 0,1 per cento. Nelle 2.549 parole del programma elettorale del Movimento 5 Stelle, il più breve di tutti, non compare neppure una volta. In quello di Sinistra Ecologia e Libertà 14 volte su 17.890 parole totali, il programma più lungo dei 6 analizzati, corrispondente allo 0,08 per cento, l’incidenza più bassa dopo M5S. In valore assoluto è nel programma dei Pd che la parola giovani ricorre più volte: 24 su 17.315, lo 0,14 per cento. In termini relativi invece è il programma della Lega Nord ad avere il primato delle citazioni: 0,27 per cento, in tutto 8 volte, ma su un programma con sole 2.958 parole; seguito da quello del Popolo della libertà con lo 0,26 per cento (9 volte su 3.461 parole) e di Scelta Civica con lo 0,17 (10 volte su 5.743 parole). “Ovviamente non è l’intensità della ricorrenza della parola giovani in un programma elettorale a garantire una politica attiva per le nuove generazioni”, afferma il delegato dei giovani della Coldiretti Vittorio Sangiorgio, ma “non è vero neppure il contrario, anzi è probabile che il ricorso intenso alla parola giovani sia la spia di una sensibilità particolare al tema e dunque potenzialmente un prerequisito per l’ideazione e la realizzazione di politiche giovanili”. Infine, nel suo discorso alla Camera del 29 aprile 2013 in occasione del dibattito sulla fiducia al governo il presidente del Consiglio, Enrico Letta, ha letto la parola giovani 14 volte su 5.741 parole (lo 0,25 per cento).
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