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RONCIGLIONE - VITERBO / 17-08-2014
QUALITA' DELLA VITA / Economia mondiale stagna, per alcuni economisti è perché non facciamo più guerre globali
Non è una "bestemmia" o una visione contorta e perversa di qualche mente criminale, ma la convinzione di famosi e "tanto" rispettati economisti di mezzo mondo. Uno di questi, ad esempio, in un recente simposio tra esperti di finanza mondiale in USA ha dichiarato: " ..la mia è una pura osservazione obiettiva e scientifica: la storia insegna che dopo ogni grande crisi economica, vedi il 1913 e il 1938, è arrivata una guerra mondiale. Dopo le distruzioni e gli azzeramenti finanziari di intere nazioni è iniziata la ricostruzione, l'organizzazione delle finanze mondiali, è arrivato il lavoro per tutti e così l'economia ha preso a crescere ovunque a pieno ritmo..."
Tyler Cowen, noto economista USA che scrive sul New York Times, è d'accordo: "La lentezza della crescita economica delle nazioni industrializzate è dovuta alla stagnazione della pace..." - Cowen, dribblando tra morale e cinismo afferma: "Anche se può sembrare controintuitivo, il maggior pacificismo del mondo può rendere meno urgente, e quindi meno probabile, il raggiungimento di alti tassi di crescita economica. Questo punto di vista non vuol dire che combattere delle guerre migliora l'economia, perché naturalmente il conflitto porta morte e distruzione. L'argomento è anche diverso dalla tesi keynesiana che la preparazione della guerra fa aumentare la spesa pubblica e mette le persone al lavoro. Piuttosto, la possibilità stessa di una guerra focalizza l'attenzione dei governi su come prendere correttamente alcune decisioni fondamentali – come investire nella scienza o semplicemente liberalizzare l'economia. Questa attenzione finisce per migliorare le prospettive a più lungo termine di una nazione".
In una maniera che noi definiremmo "puro politichese" il noto economista alla fine vuol convincerci che al punto in cui stiamo, in cui anche l'economia tedesca perde i colpi, per far ripartire un pò ovunque l'economia mondiale serve meno "pacifismo" e un pò più di realismo. Recentemente, nella crisi siriana, Obama ci aveva provato a dar ragione agli economisti "guerra-convinti". Per un soffio non ha portato il mondo sul baratro della terza guerra mondiale. Ricordiamo tutti quando voleva attaccare la Siria perché i suoi (cattivi) consiglieri militari lo avevano convinto che in Siria fosse solo Baššār al-Asad l'unico demone e non le milizie islamiche fondamentaliste, quelle subentrate successivamente alla giusta protesta del popolo siriano; milizie islamiche che ora stanno terrorizzando e uccidendo tutte le minoranze religiose sciite e cristiane presenti in Siria e in Iraq in nome di un fantomatico califfato di Dio. Fu Putin allora che ci salvò dalla catastrofe facendo rientrare, con sottili ma decise minacce d'intervento militare a sostegno di Baššār al-Asad, la decisione di Obama sull'attacco alla Siria.
Fu quella un'occasione mancata per i "guerrafondai", ma certi economisti continuano a dire che se non facciamo una "bella guerra" con qualche miliardo di morti, l'economia mondiale non ripartirà mai. E Cowen continua: " Può sembrare ripugnante trovare un lato positivo alla guerra in questo senso, ma uno sguardo alla storia americana suggerisce che non possiamo respingere l'idea così facilmente. Innovazioni fondamentali come l'energia nucleare, il computer e l'aviazione moderna sono state tutte spinte da un governo americano desideroso di sconfiggere le potenze dell'Asse o, più tardi, di vincere la Guerra Fredda. L'Internet è stato inizialmente progettato per aiutare questo paese a reggere uno scambio nucleare, e la Silicon Valley deve le sue origini alle forniture militari, non alle start-up imprenditoriali di oggi. Il lancio sovietico del satellite Sputnik ha stimolato l'interesse americano nel campo della scienza e della tecnologia, a beneficio della conseguente crescita economica".
Che la pensano in questo modo non ci sono solo gli economisti, primeggiano anche storici e sociologi. Ian Morris, professore di letteratura e storia a Stanford, in una sua recente pubblicazione "Guerra! A che cosa serve? Il Conflitto e il Progresso della Civiltà dai Primati ai Robots" ha teorizzato che infondo la guerra è un importante fattore di sviluppo nella crescita economica. Per Moris le guerre hanno portato sempre ad un'accelerazione sullo sviluppo tecnologico e sociale dei popoli. Questa sua convinzione parte da lontano, dall'impero romano fino alla nascita degli Stati Uniti.
Si allinea a questa "filosofia"un noto personaggio del parlamento britannico, Kwasi Kwarteng che nel suo libro "Guerra e Oro: una storia di 500 anni di Imperi, Avventure, e Debito" sostiene che la necessità di finanziare le guerre ha portato i governi a sviluppare le istituzioni monetarie e finanziarie, consentendo l'ascesa dell'Occidente. Altri storici ed economisti ritengono che i Paesi europei hanno investito di più in tecnologia e modernizzazione, per la paura di guerre e di conquiste da parte di altre nazioni, tra queste Russia e Cina. Alla fine di questa "allegra" carrellata arriva la rivelazione di uno strano personaggio, tra veggente ed economista, un olandese di nome Roland ( sicuramente uno pseudonimo), il quale nei suoi messaggi online, afferma che le grandi potenze del pianeta hanno già pianificato una guerra mondiale rapida ma capace di annientare almeno un terzo dell'umanità.
In questo modo, secondo Roland, si toglierebbero di mezzo per sempre il rischio Islam e altre realtà scomode. Dalla ricostruzione poi ripartirebbero le economie dei Paesi vincitori. A prova di queste sue affermazioni pone la questione delle tante costruzioni sotterranee ultimate o in fase di ultimazione un pò ovunque nel mondo, dalla Scandinavia, alla Russia, da Israele agli USA. Veri e propri rifugi per centinaia di migliaia di persone costruiti dentro montagne di granito oppure a decine di metri sottoterra. Nonché la misteriosa "Arca della Vita" completata un paio di anni fa in un'isola di granito della Norvegia dove sono stati immagazzinati tutti i semi delle piante che ci alimentano. Cosa dire?Speriamo che il tutto sia frutto di pura fantapolitica. Ma se non fosse così, se tutto fosse stato veramente pianificato, noi piccoli e poveri mortali in un Paese come l'Italia che non ha "pensato a costruire neppure i rifugi antiatomici per i propri cittadini", cosa potremmo fare? Forse... Solo pregare...
Ennio La Malfa
www.accademiakronos.it
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