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VITERBO / 20-01-2009
UN RICORDO DEL GRANDE ARCHEOLOGO VITERBESE LUIGI ROSSI DANIELLI NEL CENTENARIO DELLA SUA MORTE
VITERBO - (UnoNotizie.it) - Cento anni fa scompariva prematuramente Luigi Rossi Danielli, un uomo che merita di essere ricordato per quanto ha dato ma soprattutto per la preziosa eredità che ha lasciato alla città di Viterbo e all’intera Tuscia.
Ingegnere ed archeologo appassionato, è stato lui che ha favorito, realizzato e finanziato alcune tra le campagne di scavo più importanti del nostro territorio come il sito di Ferento. Si deve considerare un vero pioniere poiché, basandosi su studi scientifici, fu il primo, all’inizio del secolo appena trascorso, ad indicare in zona Acquarossa la posizione del centro etrusco da cui in seguito si originò la Ferento romana sulla collina di Pianicara. Nel 1902, durante gli scavi praticati proprio in quest’area, vennero scoperti il proscenio, l’orchestra e la cavea del teatro, il monumento più rappresentativo di Ferento. Altri ritrovamenti furono stupende statue marmoree risalenti all’età severiana, raffiguranti le Muse, una statua di Apollo, una bellissima di Pothos, nonché molti avanzi marmorei che decoravano il frontescena. Proprio in seguito a queste clamorose scoperte e con lo scopo di proseguire scientificamente le ricerche, si deliberò il 18 novembre 1906 la fondazione della Società Archeologica Viterbese “Pro Ferento” che prese come simbolo la palma, stemma della città di Ferento. A questa associazione aderì come socio e azionista Rossi Danielli insieme a molti altri prestigiosi cittadini viterbesi appassionati di archeologia e storia locale come Anselmo Anselmi, Costantino Zei, Filippo Ascenzi, Andrea Scriattoli, Giuseppe Signorelli, Pietro Egidi, Cesare Pinzi.
Dopo che fu accolta la richiesta inoltrata al Ministero della Pubblica Istruzione, il 22 luglio1908 la Società iniziò le operazioni di scavo nell’area delle terme romane di Ferento. I lavori proseguirono l’anno successivo sotto la direzione di Rossi Danielli il quale relazionò nel Giornale di scavo, corredandolo di disegni, tutti i ritrovamenti effettuati. Furono rinvenute preziose epigrafi marmoree che hanno contribuito alla conoscenza della storia stessa di Ferento con particolare riferimento al suo assetto giuridico, architettonico e urbanistico. Fra queste da segnalare tratti del selciato che costituiva il decumanus maximus, cioè la via principale che attraversava l’abitato con direzione est-ovest, numerose iscrizioni tra cui una lapide di marmo incisa in memoria di Sesto Ortensio che fece costruire il foro, l’Augusteo, il laghetto e un portico ornato con ben 57 statue.
Moltissime sono le necropoli della Ferento romana scavate dal Danielli per esempio quella di poggio della Lupa dove il ritrovamento più famoso è la tomba, piena di sarcofagi e corredi funerari, appartenente alla Gens Salvia, famiglia egemone del centro. Ma l’archeologo scoprì anche tombe etrusche a camera risalenti al VI secolo a.C. e tombe a fossa dell’età del ferro che testimoniano certamente l’esistenza anche di un insediamento pre-etrusco sul colle di Pianicara. Dalla morte di Rossi Danielli la sua collezione, composta da tutto il materiale raccolto durante gli scavi, è stata esposta al Museo Civico di Viterbo, documentando un arco cronologico che va dall’Età del Ferro all’Età Romana. Nella seconda sala troviamo ceramiche d’impasto risalenti all’VIII- VII secolo a. C., buccheri del VII-VI secolo a.C., vasi etruschi a figure nere e rosse, oggetti in bronzo, pezzi di oreficeria, strumenti domestici, resti sarcofagi. La terza sala presenta reperti piuttosto eterogenei provenienti principalmente da Musarna, mentre la quarta e la quinta testimoniano la Ferento romana con marmi, statue, iscrizioni onorarie e funebri, elementi architettonici. Luigi Rossi Danielli, insomma, è un uomo che deve essere ricordato perché, grazie al suo impegno e all’entusiasmo di appassionato ricercatore quale era, ha contribuito a rendere ancora più illustre la tradizione del nostro territorio ricco di storia.
Elisa Ignazzi
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