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MILANO / 02-06-2009

RADON, GAS RADIOTTIVO CANCEROGENO MA ANCHE PRECURSORE SISMICO DEI TERREMOTI


 
MILANO (UNO NOTIZIE.IT)

Il Radon (Rn) (numero atomico 86) è un elemento chimico radioattivo gassoso, incolore, inodore, insapore ed estremamente volatile, prodotto dal decadimento di tre nuclidi capostipiti che danno luogo a tre famiglie radioattive: l’Uranio 238, l’Uranio 235 e il Thorio 232.

E’ uno dei gas nobili, come Neon, Kripton, e Xenon, e come tale non reagisce con altri elementi chimici. 

Il Radon, è anche studiato come precursore sismico, in quanto sembra che quando nel sottosuolo si verificano fratture e smottamenti che producono poi in superficie i terremoti, le emissioni di radon in superficie, aumentano considerevolmente. 

Caratteristiche del Radon 222
generalita’
 
Nome, Simbolo, Numero atomico
 Radon, Rn, 86
 
Nucleo genitore
 226 Ra
 
Nucleo figlio
 218 Po
 
Peso atomico
 [222]
 
Stato a temperatura ambiente
 Gassoso
 

In totale esistono 26 isotopi del Radon, compresi tra il Rn-199 ed il Rn-226. Solo tre di questi si riscontrano in natura:

– l’Attinon (Rn-219) della serie dell’Uranio (U-235),

– il Thoron (Rn-220) della serie di decadimento del Torio (Th-232)

– il Radon (Rn-222) della serie di decadimento dell’Uranio (U-238).

Questi elementi si possono trovare nella terra e nella roccia sottostante, in percentuale diversa secondo la geologia del terreno.

L’abbondanza di Torio-232 nella crosta terrestre è leggermente superiore a quella dell’uranio-238, ma a causa dell’emivita più lunga del torio-232, la produzione del Radon-220 nella Terra è circa la stessa di quella del Radon-222.

Il decadimento naturale dell’uranio-238 produce in totale altri tredici prodotti radioattivi. I rappresentanti più noti della serie sono il Radon-222 ed il suo diretto predecessore, il Radio-226. La catena di decadimento termina con il Piombo-206, isotopo stabile.

Come si può notare dalla fugura sottostante il Radon-222 è preceduto nella serie di deca­dimento dall’Uranio-238 e dal Radio-226; quest’ultimo ha un tempo di dimezzamento di 1.600 anni.

Il Radio-226 decade lungo una serie di elementi instabili metallici solidi, i figli del Radon, fino ad arrivare al Piombo-206, metallo stabile.

I nuclidi intermedi della catena di decadimento sopra citata sono isotopi di metalli e sono chimicamente reattivi; per questa ragione essi tendono a rimanere nel materiale in cui l’atomo di Uranio era originariamente presente.

La sola eccezione è il Radon, l’unico isotopo presente allo stato gassoso che, essendo gas nobile, non interagisce chimicamente con gli altri elementi ed è libero di muoversi per diffusione e convezione.

Migrazione del Radon
I meccanismi principali in base ai quali il Radon può migrare sono la diffusione e la conve­zione.

I limiti imposti dalla natura a questi meccanismi definiscono la distanza che può percor­rere un atomo di Radon prima della sua distruzione causata dalla disintegrazione radioattiva; in seguito alla formazione dell’elemento metallico, non è più in grado di muoversi e si deposita nel sito di disintegrazione.

I moti diffusivi sono fra i più importanti stimolatori del rilascio di Radon da un solido. Il movimento avviene perchè il Radon tende a spostarsi verso le zone di minor concentrazione. La velocità di questa diffusione nei solidi dipende dalla porosità, dalla permea­bilità, dal contenuto di fluidi e dalla temperatura.

La convezione è causata essenzialmente dal differenziale negativo di pressione (depressione) che si instaura tra la pressione interna all’abitazione e l’atmosfera esterna creando moti convettivi attraverso le aperture delle abitazioni e la possibilità di ingresso del Radon dal sottosuolo attraverso il pavimento. Inoltre sono le acque o i gas nei materiali, nei muri, nel sottosuolo, messi in movimento da instabilità termiche, a trascinarsi dietro il Radon disciolto in essi, su distanze assai più grandi di quanto sarebbe possibile con la sola azione diffusiva.

 


 

 

Il Radon-222 è presente in tracce nel sottosuolo quasi ovunque. La sua concentrazione nel terreno varia da qualche centinaio a più di un milione di Bq/m³ (disintegrazioni atomiche per metro cubo d’aria). Le rocce che hanno un maggiore contenuto d’Uranio/Radio (tufi, scisti, granito e porfido) possono emanare maggiori quantità di Radon, e questo vale soprattutto per rocce permeabili o fratturate (colate o depositi detritici). In una roccia compatta, invece, il Radon rimane imprigionato nel materiale. In terreni con rocce molto fratturate, con molti spazi vuoti, il Radon può essere trasportato da correnti d’aria o dall’acqua sorgiva o piovana infiltrata e molte volte sono proprio le fratture e le faglie ad essere associate a concentrazioni elevate di Radon; è proprio lì che l’acqua trasporta l’Uranio favorendone l’accumulo.


Stime del Radon in Italia (Aumento 1989)
 Mentre nel suolo le concentrazioni di Radon possono essere molto elevate, all'aperto l’ele­mento si volatilizza rapidamente (normalmente circa 10 Bq/m³); negli am­bienti chiusi (edifici), invece, esso può concen­trarsi raggiun­gendo concentrazioni anche molto elevate, per via del ridotto ricambio d’aria o in conse­guenza di altri effetti.

Dei tre isotopi del Radon, quindi, che si riscon­trano in natura è il Radon-222 a costituire un effet­tivo peri­colo in quanto i tempi di dimezzamento del Radon 220 e del Radon 219 sono molto brevi (55 e 3.92 secondi, rispetti­vamente); non consen­tono grande spostamento dal suolo/ roccia dove sono stati generati. Al contrario, il Radon 222 ha un tempo di dimezzamento più lungo (3,8 giorni) e può percorrere, prima di decadere, lunghe distanze fino ad arrivare a contatto diretto con gli ambienti domestici.
 

Il Radon nell’atmosfera
Il Radon filtra facilmente dalle profondità della Terra e altrettanto facilmente si disperde nell’atmosfera senza raggiungere concentrazioni significativamente pericolose, prima di perdere la radioattività. La concentrazione di Radon presente nell’atmosfera dipende principalmente dal tasso di Uranio nelle rocce e dalla permeabilità dei terreni. Il Radon circola facilmente nel suolo, soprattutto in terreni poco compatti. Nei suoli più impermeabili il Radon filtra da fessure e spaccature delle rocce fino alla superficie, disperdendosi poi nell’aria. Le concentrazioni del Radon all’aria libera variano quindi sensibilmente da un punto all’altro. Inoltre sono variabili in funzione, oltre che della presenza di uranio nel sottosuolo, anche di numerosi parametri fisici o meteorologici (geomorfologia del sito, pressione atmosferica, temperatura, umidità, fasi lunari, stagione dell'anno, ecc.). Il Radon, liberandosi dal suolo in forma gassosa e attraversando il terreno, raggiunge la superficie e si mescola rapidamente con l'atmosfera.

Il Radon nell’acqua
Il Radon è moderatamente solubile in acqua (la sua solubilità è inversamente proporzionale alla temperatura dell’acqua) e poiché la sua concentrazione in atmosfera è in genere estrema­mente bassa, l’acqua naturale di superficie a contatto con l’atmosfera lo rilascia in continuazione per volatizzazione anche se generalmente in quantità molto limitate. La sua concentrazione nell’acqua raramente dimostra una correlazione con la concentrazione dell’Uranio nelle rocce circostanti, ma è soggetta a tutt’altri parametri. Con la sua affinità e solubilità nell’acqua, la concentrazione di Radon disciolto è spesso di vari ordini di grandezza più alta di quella riscon­trata nell’aria. Inoltre il calore riduce la sua solubilità, infatti le concentrazioni dell’elemento radioattivo risultano spesso più elevate nelle acque fredde che nelle acque calde o bollenti.

 

Il Radon disciolto nelle acque sotterranee ha due origini ben distinte:

a) La maggior parte consiste di Radon ambientale, cioè Radon che esisteva già nell’ambiente circostante l’acqua (nell’aria, nelle rocce), e che viene rimosso e disciolto dal suo punto di generazione dall’acqua percolante. Questo Radon è alla sua concentrazione massima al momento della raccolta di un campione, ma decade col tempo e non viene rigenerato.

b) Un’altra origine del Radon è quella locale, cioè il Radon generato in situ dal decadimento del Radio-226 disciolto nell’acqua. Questo Radio locale è in equilibrio secolare con l’acqua, cioè il suo ritmo di produzione/decadimento ne tiene costante la concentrazione, a meno che il Radio-226 non venga rimosso localmente dalla fase acquosa a causa di precipitazione sulle rocce circostanti. Continuando a produrre Radon, il Radio così rimosso contribuisce alla concentrazione della frazione Radon ambientale e non più a quella locale. Tale separazione localizzata del Radio-226 contribuisce alla produzione di livelli Radon-222 ambientali di alcuni ordini di grandezza più elevati di quelli locali.

Assorbimento dall’organismo
Ai fini della dose assorbita dall’organismo, è nettamente predominante il contributo della radiazione emessa dai figli a breve termine (T) del Radon, e cioè dal 218Po e dal 214Po nel caso del ²²²Rn. Si può trascurare l’emissione dal Radon stesso che, essendo un gas nobile, una volta inalato viene riesalato con bassissime probabilità di decadere proprio durante il transito nell’ apparato respiratorio.

Può comunque risultare cancerogeno se inalato in quanto emettitore di particelle alfa (forma di radia­zione corpuscolare altamente ionizzante). E’ la principale causa di morte per tumore al polmone dopo il fumo di sigaretta. Si stima che ogni anno ne siano colpite oltre 20.000 persone nella sola Unione Europea e di queste oltre 3.000 in Italia. Più alta è la concentrazione nell’am­biente più alto è il rischio di contrarre il tumore. Un metodo immediato per proteggersi dall’accu­mulo di questo gas è l’aera­zione degli ambienti, soprattutto nei casi in cui questi siano interrati o a contatto diretto col terreno. Tale pratica risulta spesso però insufficiente o ineffi­cace e, specialmente nei mesi invernali dispendiosa in termini di riscaldamento dei locali. La prima cosa da fare, nei casi in cui si sappia di essere in una zona a rischio, è di effet­tuare delle misure di concen­trazione presso la propria abitazione atte a determi­nare se questo proble­ma esiste veramente. Infatti non è sufficiente sapere che edifici vicini al nostro sono contaminati da Radon poiché l’emissione di questo gas dipende da numerosissimi fattori, difficilmente deter­minabili a priori. Nelle situazioni in cui dopo aver effettuato una misurazione si dovesse rivelare una concentrazione di Radon superiore ai livelli di riferimento è opportuno effettuare degli interventi di bonifica. Ci sono interventi di facile realizzazione e poco invasivi per gli edifici. Alcuni sono volti a limitare o eliminare i punti di infiltrazione, ma di solito si consiglia sempre di accompagnare questi rimedi con metodi di depressurizzazione del suolo per impedire la risalita del gas, in quanto i primi da soli risultano generalmente insufficienti. Nelle abitazioni si viene a creare un effetto chiamato “camino”, che aspira l’aria per via della depres­sione che si crea all’interno , tendendo ad accumularla e così anche per il Radon che rimane intrappolato. Sono molti i fattori però che ne cambiano la concentrazione in un ambiente, come Le spaccature che trova nei materiali di rivestimento, la pressione barome­trica, i venti, la tempera­tura interna ed esterna, la presenza di strati di acqua.

Per questo motivo è facile capire che anche con rilevazioni effettuate nello stesso luogo ed ad intervalli di tempo ravvicinati, si possono ottenere risultati anche diversi. E’ importantissimo effettuare quindi un indagine conoscitiva. Oggi è noto che il gas Radon all’esterno di un’abita­zione non crea problemi rilevanti in quanto si trova diluito nell’aria in piccole concentrazioni che si riducono gradualmente mentre ci si allon­tana dalla fonte di emissione. Al contrario questo gas può causare danni alla salute dell’uomo quando è presente all’interno delle abitazioni, soprattutto in ambienti poco aerati, dove si può accumulare fino a raggiungere concentrazioni ritenute pericolose.

La problematica del Radon rappresenta in alcune aree del Lazio una vera e propria emergenza sanitaria, a causa delle elevate emissioni di tale gas provenienti da alcuni materiali molto diffusi. In particolare, anche prima di questo studio, era ben noto come la Provincia di Viterbo presenti valori medi di concentrazione di Radon indoor (m = 220 Bq/m3) ben superiori alla media nazionale (75 Bq/m3).

Essendo inodore, la sua pericolosità deriva anche dal fatto che non può essere avvertito dalla popolazione in alcun modo, ma solo rilevato con vari strumenti e dispositivi.

Dagli studi effettuati dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) attraverso l’Agenzia Internazionale per la ricerca sul cancro (AIRC), il Radon è stato inserito nella classe 1 in cui sono elencate le 87 sostanze da ritenersi “sicuramente cancerogene”.

Numerosi studi, infatti, attestano come il gas Radon sia, dopo il fumo di sigaretta, la princi­pale causa accertata di tumori a livello polmonare, e come la sinergia tra questi due fattori di rischio amplifichi ulteriormente gli effetti nocivi per la salute umana. Il Radon è altresì sospet­tato essere un fattore di rischio per altre forme tumorali (tumore al seno, alla vescica ecc.).

Pertanto, l’esposizione prolungata nel tempo ad elevate concentrazioni di tale gas, aumenta il rischio di contrarre il tumore ed andrebbe quindi accuratamente evitata.

Un metodo immediato per proteggersi dall’accumulo di questo gas è l’areazione degli am­bienti, ma questa tecnica può risul­tare a volte insufficiente o inefficace e, soprattutto nei mesi invernali, dispen­diosa. Le misure vengono effettuate tramite appo­siti rivelatori integranti nel tempo, i dosimetri, che vanno posizionati preferi­bilmente nei locali dove si soggiorna più a lungo (camera da letto, cucina o soggiorno).

Bisogna comunque considerare che la concentrazione di Radon in ambienti chiusi può variare notevolmente sia nel tempo che nello spazio (vedi grafico di rilevamento continuo Radon dal 27/9 al 22/12 2007 in un’abitazione di Monte­fiascone).

La variabilità temporale dipende dai gradienti di pressione che si stabiliscono tra l’aria interna all’abitazione e l’aria interstiziale del suolo sottostante l’abitazione. Si riscontrano quindi varia­zioni della concentrazione a carattere giornaliero, caratterizzate da un andamento ciclico, con massimi nelle ore di primo mattino e minimi nelle ore più calde del giorno.

Anche nella stagione fredda si riscontra un effetto analogo, in quanto il riscaldamento provoca un effetto di riduzione della pressione interna all’abitazione, rispetto all’esterno, favorendo quindi l’emissione del Radon dal suolo sotto­stante. Un altro fattore che favorisce una mag­giore concentrazione di Radon, tipico in questa stagione, è il minor ricambio d’aria.

La variabilità spaziale si ha invece quando si riscontrano marcate differenze di concentra­zione di Radon tra i differenti locali della stessa abitazione, che possono esser causate da vari fattori quali diverse modalità di ricambio d’aria, diversi materiali da costruzione o diversa distanza dal terreno (scantinato, piano terra, 1° piano). (Vedi schizzo dell’ARPA Piemonte )

Considerando quindi la notevole variabilità della concentrazione di Radon, è necessario protrarre la misura per un periodo di tempo sufficientemente lungo (minimo 1 mese). Solita­mente vengono usati dei rivelatori passivi che forniscono valori medi per un periodo di tempo di 3-6 mesi fino ad un anno, preferibilmente suddiviso in due periodi di un mese ciascuno (estate-inverno).


La conoscenza delle problematiche del Radon ha portato nel tempo all’ elaborazione di tutta una serie di soluzioni per la mitigazione delle concentrazioni del Radon stesso (ventilazione passiva e forzata, varie accortezze nella costruzione e nel risanamento di edifici, ecc.), come per esempio:

– Ventilazione

– Pressurizzazione dell’edificio

– Ventilazione del vespaio

– Depressurizzazione del suolo

– Sigillatura delle vie di ingresso

( Vedi schizzo dell’ARPA Piemonte )

Risulta pertanto molto impor­tante compiere un monitoraggio quanto più possibile capillare nelle varie realtà abitative soprattutto laddove, come nella Tuscia, in provincia di Viterbo, i valori medi già noti appaiono notevolmente elevati.

 


Unità di misura e normativa
L’unità di misura della radioattività è Bq/m3 (Becquerel per metro cubo), ossia il numero di disintegrazioni nucleari per ogni secondo per per ogni metro cubo di aria. In pratica una concentrazione di 400 Bq/m3 vuol dire che vengono emesse 400 radiazioni ogni secondo, in ogni metro cubo di aria. Per quanto riguarda la normativa in materia, si fa riferimento alla Comunità Europea che ha stabilito 200 Bq/m3 per le nuove abitazioni e 400 Bq/m3 per quelle già esistenti. Una normativa italiana invece esiste per gli ambienti di lavoro (Decreto legislativo n° 241, del 26/05/2000) che fissa un livello di riferimento di 500 Bq/m3. Per le scuole non vi sono indicazioni ma si ritiene per il momento di poter assimilare una scuola ad un ambiente di lavoro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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