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ROMA / 09-10-2009

ANNA POLITKOVSKAJA, PER NON DIMENTICARE / terzo anniversario del vile assassinio della giornalista russa della Novaja Gazeta

Il 7 ottobre è stato il giorno del terzo anniversario della morte di Anna Politkovskaja, la giornalista russa della  Novaja Gazeta, uccisa con quattro colpi di pistola nell’ascensore del suo condominio.
Magnifico esempio di un giornalismo coraggioso e risoluto, famosa per le sue dure critiche al Cremino e per gli articoli sulle violazioni dei diritti umani soprattutto in terra cecena, la giornalista russa, assurta a vero e proprio emblema della lotta alla libertà di informazione, viene ricordata per l’impegno incessante sul fronte dei diritti umani, per i suoi numerosi  reportage dalla Cecenia, oltre che per la sua opposizione al Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin.

Lo stesso Putin che, in quel lontano 7 ottobre di tre anni fa, commentò con “un’influenza insignificante sulla società russa” la figura della giornalista russa. Nei suoi articoli per Novaja Gazeta, quotidiano di ispirazione liberale con il quale aveva iniziato a scrivere dal 1999, la Politkovskaja esprimeva la sua condanna contro l'Esercito e il Governo russo per lo scarso rispetto dimostrato nei confronti dei diritti civili, sia in Russia che in Cecenia. Fervente oppositrice di Ramzan Kadyrov, presidente ceceno filorusso e uomo di fiducia di Putin, Anna denunciò, attraverso le sue pubblicazioni, le aberrazioni commesse dalle forze russe sulla popolazione cecena. Documentò e raccolse testimonianze di abusi commessi sulla popolazione civile, sui silenzi e le presunte connivenze degli ultimi due Primi Ministri ceceni, Ahmad Kadyrov e suo figlio Ramsan.

Instancabile nel suo lavoro di giornalista e reporter, Anna seguiva la scia della verità, inerme sul campo di guerra ceceno, aveva come unica arma la sua penna. La stessa penna che dagli ospedali, dalle case e dai campi profughi ceceni metteva nero su bianco uno spaccato di storia che le cronache molto spesso si esimevano dal raccontare. Lei stessa scriveva di sé: “Sono una reietta. È questo il risultato principale del mio lavoro di giornalista in Cecenia e della pubblicazione all'estero dei miei libri sulla vita in Russia e sul conflitto ceceno. A Mosca non mi invitano alle conferenze stampa né alle iniziative in cui è prevista la partecipazione di funzionari del Cremlino: gli organizzatori non vogliono essere sospettati di avere delle simpatie per me. Eppure tutti i più alti funzionari accettano d'incontrarmi quando sto scrivendo un articolo o sto conducendo un'indagine.

Ma lo fanno di nascosto, in posti dove non possono essere visti, all'aria aperta, in piazza o in luoghi segreti che raggiungiamo seguendo strade diverse, quasi fossimo delle spie. Sono felici di parlare con me. Mi danno informazioni, chiedono il mio parere e mi raccontano cosa succede ai vertici. Ma sempre in segreto. È una situazione a cui non ti abitui, ma impari a conviverci”. E’ con questa “convivenza forzata” che Anna faceva i conti quotidianamente.

Le continue minacce non sono mai state un freno alla sua determinazione, neanche quando si è trattato di lottare contro i poteri forti. La denuncia della realtà, anche quella più scomoda, è sempre stata la sua vera mission. Lo stesso Roberto Saviano menziona il suo coraggio e il suo valore durante la manifestazione sulla libertà d’informazione.

Alla sua breve carriera giornalista sono andati numerosi premi e riconoscimenti tra cui il Global Award for Human Rights Journalism da Amnesty International,  il Courage in Journalism Award dall’International Women's Media Foundation, l’International Journalism Award nel 2006 e l’ambito Premio Internazionale Tiziano Terzani nel 2007.  Tra le sue opere letterarie più importanti si ricordano: Cecenia. Il disonore russo; La Russia di Putin e Proibito parlare. Cecenia, Beslan, Teatro Dubrovka: le verità scomode della Russia di Putin.

Indimenticabili rimarranno le sue parole pronunciate durante una conferenza di Reporter Senza Frontiere riguardo alla libertà di stampa: “Certe volte, le persone pagano con la vita il fatto di dire ad alta voce ciò che pensano. Infatti, una persona può perfino essere uccisa semplicemente per avermi dato una informazione. Non sono la sola ad essere in pericolo e ho esempi che lo possono provare”.

Alessandra Sorge

- Uno Notizie Roma -


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