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ROMA / 28-01-2010

CINEMA, ''LA DOLCE VITA'' DI FEDERICO FELLINI / il capolavoro di Federico Fellini compie 50 anni, era il 1960




Il 20 gennaio 2010 Federico Fellini avrebbe compiuto 90 anni e la sua “La dolce vita”, uno dei film più celebri della storia del cinema ma anche pietra miliare nell’evoluzione del costume italiano, sta per raggiungere mezzo secolo di vita. La pellicola, con protagonisti Marcello Mastroianni e Anita Ekberg, uscì nelle sale cinquant’anni fa, i primi di febbraio del 1960. Alla prima proiezione, l’opera suscitò un tale scandalo che addirittura ci fu chi sputò in faccia al regista riminese, accusandolo di essere un comunista che raccontava un’Italia depravata e viziosa. Con l’assegnazione della Palma d’Oro al Festival di Cannes (giuria presieduta dallo scrittore Georges Simenon), il film ottenne la consacrazione internazionale e diventò un cult, simbolo della società italiana degli anni ’60. Le riprese iniziarono il 16 marzo 1959 negli studi di Cinecittà, a Roma, dove furono allestiti moltissimi set, compreso un tratto di Via Veneto, e terminarono nell'agosto dello stesso anno. In sei mesi vennero girati circa 92.000 metri di pellicola che nell'edizione definitiva vennero ridotti a 5.000.

Il copione, provvisorio come spesso accadeva alle produzioni di Fellini, subì in corso d'opera notevoli metamorfosi rimodellandosi intorno ai personaggi e alle situazioni. Due scene assenti nella sceneggiatura originale, ad esempio, furono completamente improvvisate: si tratta del "miracolo" dei bambini con concorso di fedeli, forze dell'ordine e militari, e la festa dei nobili al castello, ambientata, come diverse altre scene, in provincia di Viterbo. Protagonista dei sette episodi del film è Marcello che, abbandonate le sue ambizioni da scrittore, svolge l’attività di reporter per alcuni giornali scandalistici della capitale. Completamente immerso nella "dolce vita" romana, vive avventure sentimentali con un'aristocratica sempre alla ricerca di nuove emozioni, il tentato suicidio della compagna Emma che lo opprime con la sua ossessionante gelosia, e il vano corteggiare Sylvia, celebre ed esplosiva diva dello schermo che tutti ricordiamo per la famosissima scena in cui si esibisce in un sensuale bagno nella Fontana di Trevi.

Una curiosità: il cognome Paparazzo del fotografo collega di Marcello, interpretato da Walter Santesso, ha dato origine al neologismo, ormai comunemente usato, divenuto in tutto il mondo sinonimo del fotografo d’assalto che cerca ad ogni costo lo scoop senza preoccuparsi di violare le regole della privacy. La struttura narrativa del film, scritto dal regista insieme a Ennio Flaiano, Tullio Pinelli e Brunello Rondi, rivoluziona e capovolge le regole tradizionali del linguaggio cinematografico per affermare il potere dell’immagine “libera”, cioè non soggetta ai vincoli che la legano ad una struttura narrativa chiusa. Il barocchismo di Fellini, dinamico e pittoresco, si risolve in una sceneggiatura stratificata, senza principio né fine e dove non c’è una sola vicenda che si evolve, ma una serie di eventi giustapposti.

Marcello viene contagiato da una società corrotta, vuota e cinica, i cui i valori effimeri e la feroce pressione dei mass media hanno preso il posto dell’onestà e del senso morale. “La Dolce Vita” rappresenta un momento di riflessione sul cinema, sull’informazione giornalistica, sulla centralità del divismo nell’universo della comunicazione e della moda, sui contrasti della società italiana in una fase di profonda trasformazione. Ma Fellini non racconta questo mondo con intenzioni moralistiche, politiche o sociologiche, bensì con quell’impronta poetica, caratteristica del suo cinema, che prende le distanze dal Neorealismo senza però dimenticarne l’insegnamento.


Elisa Ignazzi

- Uno Notizie Italia - Roma -

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