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MANFREDONIA / 29-04-2010
NICOLA LOVECCHIO, A 13 ANNI DALLA MORTE / il 30 aprile processo d'appello per il petrolchimico di Manfredonia
Nicola Lovecchio morì di cancro a causa dell'arsenico prodotto da quella che fu chiamata la "Seveso del sud"
Ultime notizie Puglia, Manfredonia - Tredici anni fa, il 9 aprile del 1997, moriva a Manfredonia Nicola Lovecchio, capoturno del Magazzino Insacco dello stabilimento Enichem della cittadina sipontina. Aveva 49 anni e aveva fatto della sua malattia una questione politica. Il tumore al polmone lo aveva scoperto tre anni prima, nel ’94. Nel ’91 si vedeva già sulla radiografia però il radiologo non se ne era accorto. Ma soprattutto 18 anni prima aveva passeggiato per mesi sulla polvere di arsenico che il 26 settembre del 1976 si era dispersa sullo stabilimento e sulla città a seguito dell’esplosione della colonna di decarbonatazione dell’anidride carbonica, un impianto essenziale per la produzione dell’urea,fertilizzante lì prodotto ed esportato allora in tutto il mondo. Quella che fu chiamata, con una sottile vena canzonatoria, la “Seveso del Sud” sarebbe rimasta nascosta per sempre se un uomo coraggioso non avesse deciso di vedere chiaro fino in fondo nella situazione sanitaria del suo “gruppo omogeneo” di compagni di lavoro.
Nicola Lovecchio non va ricordato solo per l’ingiusto destino a cui la nocività della produzione lo ha condannato, ma per il merito che ha avuto nel cogliere il nesso tra la sua malattia - e quelle simili di cui si erano ammalati, ed erano anche morti, tanti altri compagni di lavoro - con l’esplosione della colonna del 1976. Un merito che si mostra a noi in tutto il suo incommensurabile valore ancora oggi, soprattutto se rapportato al silenzio ed alle minimizzazioni di chi avrebbe dovuto prevedere, vigilare e sorvegliare nei decenni successivi.
Se non fosse stato per lui, l’incidente del ’76 e la sua scia di malattia e di morte, che non sappiamo ancora se si sia esaurita perché nessuno vuole indagarla, sarebbero rimasti sepolti nelle “isole” dello stabilimento. Le stesse che negli anni in cui Nicola moriva accoglievano l’industrializzazione effimera del contratto d’area e che attendono ancora una radicale bonifica. Così come attendono ancora approfonditi studi epidemiologici la popolazione dell’area a rischio ed in particolare quella del quartiere Monticchio a ridosso dello stabilimento.
Una bella testimonianza quella di Nicola che, in tempi sopraffatti dall’egoismo e dal tornaconto personale, è necessario tenere viva. Ha cercato di farlo il giornalista Giulio Di Luzio con un bel libro inchiesta (“I Fantasmi dell’Enichem”, Baldini&Castoldi Ed. ,2003) che consegna alla storia questa figura di “medico scalzo” e di volontario tutore della salute pubblica insieme ad una puntuale ricostruzione della vicenda industriale di Manfredonia - ed in fondo del Sud - negli anni ’60. Anche lo scrittore di teatro Alessandro Langiu ne ha tratto spunto per una piece teatrale in anni più recenti (Di Fabbrica si Muore, Mannieditori, 2008).
Il 30 aprile si aprirà a Bari il processo di appello proposto dal pm di Foggia, Lidia Giorgio, dopo le assoluzioni di primo grado. A Manfredonia il processo penale per le morti e le malattie di tanti compagni di Nicola si concluse con un’assoluzione “perché il fatto non sussite” mentre una miriade di processi civili si sono conclusi per lo più vittoriosamente con il riconoscimento dei benefici previdenziali in favore di tanti lavoratori ammalati o delle famiglie di quelli deceduti. Magre ma pur importanti consolazioni per dimostrare che al Sud non ci resta soltanto il carico di malattia e di morte conseguente alle nocività importate. Tra le parti civili Anna Maria Lovechio ed i suoi tre figli, unici parti lese a non aver accettato denaro in cambio della fuoriuscita dal processo. Tra i fuoriusciti, in cambio di 300 mila € anche il Comune di Manfredonia, Sindaco di Centro Sinistra Paolo Campo, avvocato difensore l’ex sindaco Gaetano Prencipe.
Resta ancora senza risposta la richiesta rivolta alla Regione Puglia lo scorso anno da alcune associazioni (Medicina Democratica e Salute Pubblica), di rianalizzare, come è stato fatto a Venezia, le coorti operaie di Manfredonia (e Brindisi), erroneamente confrontate con la popolazione generale.
Insomma, grazie a Nicola ed alla sua famiglia, per non aver permesso che ci si dimenticasse di quanto è accaduto nel petrolchimico di Manfredonia.
Maurizio Portaluri
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